Post by ladyanne on Nov 1, 2006 15:06:52 GMT 1
Unico commento: devo smettere di vedere i film solo perché c'è Ewan!
ATTENZIONE: SI FANNO RIFERIMENTI AL FINALE DEL FILM. SE VOLETE VEDERLO, NON LEGGETE!
"Stay - Nel labrinto della mente" (stavolta si ringrazia la distribuzione italiana per aver tentato, con un sottotitolo, di spiegare il senso della pellicola) è uno di quei film che si guardano perché, appunto, ti piace uno degli attori o perché ti piace il genere. Spero che la vostra scelta sia stata la prima (Ewan, Naomi, Ryan, la comparsa sullo sfondo) piuttosto che la seconda perché "Stay" sta al thriller come io sto a Nicole Kidman!
Ora, io vorrei lanciare un appello all'agente di Ewan: perché fargli fare questi film? Ok, quest'uomo ha una bella carriera, tanti film importanti, la stima del pubblico e della critica... diciamo che gli si possono perdonare uno o due errori. Però vederlo aggirarsi per il film con quell'aria stranita di chi si trattiene dal guardare ogni momento l'orologio per vedere quanto manca alla fine (perché Ewan ha una voglia di recitare quella parte quanta ne ha ognuno di noi di andare al lavoro la mattina) fa piangere il cuore. Diciamocelo, lui non aveva voglia di fare "Stay", l'ha fatto per motivi economici, magari per finanziare "Long Way Round", ok... ma la domanda rimane. Quando poi arriva Naomi Watts, nella parte della sua fidanzata Lila, abbiamo completato il ciclo, visto che neanche lei sembra provare particolare passione per il suo ruolo. L'unico che sembra tentarci è Ryan Gosling, ma il ragazzo è giovane e magari gli fa curriculum. Bob Hoskins, invece, si limita a dire le sue battute con classe, prima di passare dalla cassa a riscuotere.
E come non dare ragione a questi poveri attori? E' tanto se non si sono messi a piangere quando hanno letto la sceneggiatura. La storia è la summa delle banalità: un ragazzo con manie suicide, una forte predisposizione per la metereologia e una sfiga colossale va dallo psicologo, che ovviamente non può fare miracoli. La soluzione migliore sarebbe: "Figlio mio, sparati e facci tutti contenti!". No! Perché il dottor Foster (Ewan) si mette in testa di salvarlo... ora, già il dottore deve aver preso la laurea in psicologia per corrispondenza, visto tutte le cazzate che fa (il segreto professionale quasi inesistente, la relazione con una sua ex paziente) e visto che non ricorda neanche i sogni interpretati da Freud, ma perché mettersi a fare il buon samaritano? Il ragazzo predice una grandinata durante una bella giornata e ciò accade? Anche mia madre dice che va a piovere quando le fanno male le gambe, ma non per questo la porto dallo strizzacervelli... al massimo dall'ortopedico! Il ragazzo dice che si vuole suicidare? Penso che non sia il solo a dirlo e, se veramente lo vuole fare, gli mandi a casa la neuro che lo ricovera.
No, ovviamente. Ci dobbiamo fare un film, quindi il povero Ewan, con indosso i pantaloni modello "acqua in casa" (come si dice dalle mie parti) continua a dannarsi per cercare di salvare 'sta povero ragazzo al quale sono morti i genitori in un incidente, ha perso la fidanzata (che poi era solo una cameriera mossa a pietà per questo caso umano), gli hanno soppresso il cane... insomma motivi per suicidarsi ne ha.
Così il regista ci condanna ad una serie infinita di riferimenti onirici e psicologici (il tema del doppio, rappresentato dai gemelli e dagli specchi, il tema del confine tra sogno e realtà, ecc.) che ci fa pensare che Mark Forster abbia comprato il Bignami di Psicologia al posto di quello di Regista. Mancava solo il tema del complesso edipico e l'allegro carrozzone era completo.
Insomma, alla fine della fiera continuiamo a chiederci cosa sia successo sul ponte di Brooklyn a 'sto povero ragazzo. E' morto? Si ucciderà? Cosa?
Ed eccoci al clamoroso finale che non risolve nessuno dei nostri problemi esistenziali ma ce ne fa venire altri. Quindi, se qualcuno gentilmente ha capito come finisce il film e me lo spiega mi fa un piacere. La mia unica idea è che Henry (il ragazzo) abbia avuto un'esperienza premorte, durante la quale ha continuato a vivere sapendo però di essere condannato a morire su quel ponte. E, per farlo, ha coinvolto le persone che lo stavano soccorrendo, come il dottore (Ewan), che nella sua visione diventa uno psicologo, e l'infermiera (Naomi Watts), che diventa la ragazza pittrice dello psicologo.
Non sono tanto sicura, ma tanto puttanata più puttanata meno...
Concordo con un critico del "New York Times", citato anche da Film Tv: quando, da spettatori, ci si sofferma solo su dettagli come i calzini corti di un personaggio (Ewan, appunto), c'è molto nel film che non va.
ATTENZIONE: SI FANNO RIFERIMENTI AL FINALE DEL FILM. SE VOLETE VEDERLO, NON LEGGETE!
"Stay - Nel labrinto della mente" (stavolta si ringrazia la distribuzione italiana per aver tentato, con un sottotitolo, di spiegare il senso della pellicola) è uno di quei film che si guardano perché, appunto, ti piace uno degli attori o perché ti piace il genere. Spero che la vostra scelta sia stata la prima (Ewan, Naomi, Ryan, la comparsa sullo sfondo) piuttosto che la seconda perché "Stay" sta al thriller come io sto a Nicole Kidman!
Ora, io vorrei lanciare un appello all'agente di Ewan: perché fargli fare questi film? Ok, quest'uomo ha una bella carriera, tanti film importanti, la stima del pubblico e della critica... diciamo che gli si possono perdonare uno o due errori. Però vederlo aggirarsi per il film con quell'aria stranita di chi si trattiene dal guardare ogni momento l'orologio per vedere quanto manca alla fine (perché Ewan ha una voglia di recitare quella parte quanta ne ha ognuno di noi di andare al lavoro la mattina) fa piangere il cuore. Diciamocelo, lui non aveva voglia di fare "Stay", l'ha fatto per motivi economici, magari per finanziare "Long Way Round", ok... ma la domanda rimane. Quando poi arriva Naomi Watts, nella parte della sua fidanzata Lila, abbiamo completato il ciclo, visto che neanche lei sembra provare particolare passione per il suo ruolo. L'unico che sembra tentarci è Ryan Gosling, ma il ragazzo è giovane e magari gli fa curriculum. Bob Hoskins, invece, si limita a dire le sue battute con classe, prima di passare dalla cassa a riscuotere.
E come non dare ragione a questi poveri attori? E' tanto se non si sono messi a piangere quando hanno letto la sceneggiatura. La storia è la summa delle banalità: un ragazzo con manie suicide, una forte predisposizione per la metereologia e una sfiga colossale va dallo psicologo, che ovviamente non può fare miracoli. La soluzione migliore sarebbe: "Figlio mio, sparati e facci tutti contenti!". No! Perché il dottor Foster (Ewan) si mette in testa di salvarlo... ora, già il dottore deve aver preso la laurea in psicologia per corrispondenza, visto tutte le cazzate che fa (il segreto professionale quasi inesistente, la relazione con una sua ex paziente) e visto che non ricorda neanche i sogni interpretati da Freud, ma perché mettersi a fare il buon samaritano? Il ragazzo predice una grandinata durante una bella giornata e ciò accade? Anche mia madre dice che va a piovere quando le fanno male le gambe, ma non per questo la porto dallo strizzacervelli... al massimo dall'ortopedico! Il ragazzo dice che si vuole suicidare? Penso che non sia il solo a dirlo e, se veramente lo vuole fare, gli mandi a casa la neuro che lo ricovera.
No, ovviamente. Ci dobbiamo fare un film, quindi il povero Ewan, con indosso i pantaloni modello "acqua in casa" (come si dice dalle mie parti) continua a dannarsi per cercare di salvare 'sta povero ragazzo al quale sono morti i genitori in un incidente, ha perso la fidanzata (che poi era solo una cameriera mossa a pietà per questo caso umano), gli hanno soppresso il cane... insomma motivi per suicidarsi ne ha.
Così il regista ci condanna ad una serie infinita di riferimenti onirici e psicologici (il tema del doppio, rappresentato dai gemelli e dagli specchi, il tema del confine tra sogno e realtà, ecc.) che ci fa pensare che Mark Forster abbia comprato il Bignami di Psicologia al posto di quello di Regista. Mancava solo il tema del complesso edipico e l'allegro carrozzone era completo.
Insomma, alla fine della fiera continuiamo a chiederci cosa sia successo sul ponte di Brooklyn a 'sto povero ragazzo. E' morto? Si ucciderà? Cosa?
Ed eccoci al clamoroso finale che non risolve nessuno dei nostri problemi esistenziali ma ce ne fa venire altri. Quindi, se qualcuno gentilmente ha capito come finisce il film e me lo spiega mi fa un piacere. La mia unica idea è che Henry (il ragazzo) abbia avuto un'esperienza premorte, durante la quale ha continuato a vivere sapendo però di essere condannato a morire su quel ponte. E, per farlo, ha coinvolto le persone che lo stavano soccorrendo, come il dottore (Ewan), che nella sua visione diventa uno psicologo, e l'infermiera (Naomi Watts), che diventa la ragazza pittrice dello psicologo.
Non sono tanto sicura, ma tanto puttanata più puttanata meno...
Concordo con un critico del "New York Times", citato anche da Film Tv: quando, da spettatori, ci si sofferma solo su dettagli come i calzini corti di un personaggio (Ewan, appunto), c'è molto nel film che non va.