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Post by ladyanne on Feb 3, 2007 22:42:03 GMT 1
- Maledetta pioggia! –
In quel momento, Colin si sentiva un perfetto coglione. Solo, in mezzo alla campagna scozzese, sotto la pioggia battente e, per di più, con una caviglia dolorante. D’altronde non era colpa sua se la Scozia era piena di buche nascoste dall’erba, a quanto pareva.
Si strinse lo zaino con tutto il suo lavoro al petto e continuò ad arrancare tra l’erba, guardandosi intorno alla ricerca di un riparo. Niente. Dopo essere sopravvissuto a territori di guerra e ad attentati, doveva morire come uno scemo in una pianura?
Quando era uscito dall’albergo il cielo era sereno, però da irlandese avrebbe dovuto ricordarsi di quanto possa cambiare in fretta il tempo. Invece aveva voluto rischiare e questi erano i risultati.
Era ancora intento a zoppicare nel fango, recriminando tra sé e sé, quando notò delle luci lontane. Poteva essere un’allucinazione, ma era sempre meglio che restare lì a bagnarsi. Per quanto gli consentiva il dolore, si diresse verso quelle bagliori che presto rivelarono la presenza di una casa.
Senza porsi domande, Colin si avvicinò alla porta e bussò con forza.
L’uomo che aprì la porta era in condizioni pietose. I capelli rossicci erano arruffati, la barba era di qualche giorno e delle profonde occhiaie lasciavano intendere che aveva passato le ultime notti insonni. I jeans che indossava erano macchiati dei colori più disparati, mentre la camicia, portata fuori dai pantaloni, sembrava più uno straccio che un vero e proprio indumento.
Appoggiandosi allo stipite della porta, le braccia incrociate sul petto, scrutò attento e guardingo l’uomo fermo sulla soglia della sua casa. Completamente fradicio ed infreddolito; in poche parole uno sprovveduto.
- Non le ha mai detto nessuno che in Scozia piove sempre? E’ alquanto illogico andarsene in giro senza un ombrello, - disse ironico.
- Sì, è vero. Faccio mea culpa per la mia stupidità, ma non potremmo parlarne dentro? – Colin si scostò i capelli fradici che gli coprivano gli occhi e fissò lo scozzese, sperando che fosse un uomo di buon cuore, – mi sono fatto male ad una caviglia e temo che non andrò molto lontano, con questo tempo e in queste condizioni. -
Lo scozzese gettò un’ultima occhiata all’uomo, catalogandolo mentalmente nella categoria ‘stupidi ma non nocivi’. Si fece da parte per lasciarlo entrare, poi chiuse la porta alle loro spalle.
- Ce la fa a seguirmi fino in cucina? – gli chiese.
- Dipende. La cucina è più vicina a Glasgow o a Edimburgo? – domandò a sua volta l’irlandese, puntellandosi sul piede buono per evitare di cadere in terra.
- Dalle sue condizioni, - mormorò l’uomo osservando il comportamento dello sconosciuto, - direi Glasgow. Consideri il fatto che siamo ad una sola ora di macchina da Edimburgo ed avrà le proporzioni. Si appoggi a me, non vorrei aver un ospite sulla coscienza, - finì lo scozzese avvicinandosi a Colin che, sospirando, mise un braccio intorno alle spalle dell’altro e si appoggiò a lui, facendosi guidare fino alla cucina.
Non appena arrivarono, Colin si lasciò cadere su una sedia con un lamento soffocato.
- Vi proporrei di asfaltare la zona, quelle buche sono un pericolo mortale, – bofonchiò, cercando di togliersi lo scarpone. Impresa non facile, visto quanto gli era gonfiata la caviglia.
- Lasci fare a me, - mormorò lo scozzese inginocchiandosi di fronte a lui ed iniziando ad armeggiare con lo scarpone, - per quanto riguarda la strada, faccia reclamo a chi di dovere oppure, la prossima volta, anziché andarsene in giro da solo, si porti una guida. –
- Touché, – per la prima volta, l’irlandese si lasciò sfuggire un sorriso, – di solito non uso delle guide, disturbano il mio lavoro, ma per stavolta farò un’eccezione. -
- Per me le conviene, ascolti il consiglio di uno che conosce molto bene quelle buche, - mormorò in risposta l’uomo, abbozzando a sua volta un sorriso. Poi restò in silenzio per qualche minuto, osservando il piede dell’uomo, infine si alzò, le mani appoggiate sui fianchi.
- Non sono un medico, perciò non le so dire se la caviglia è rotta o meno; io posso limitarmi a fasciarle il piede. All’incirca un’ora fa mi ha telefonato mia madre da Edimburgo, a quanto pare al momento siamo isolati da questa parte per il crollo di un ponte. Far venire un’ambulanza da Glasgow per una caviglia mi pare veramente troppo ed io non ce la posso certo accompagnare in moto, - l’uomo sbuffò, cercando di valutare la situazione, - io direi di provare con una fasciatura; per questa notte può fermarsi qui a dormire e domattina vedremo come va il piede. Se sarà peggiorato, chiameremo un’ambulanza, che ne dice? –
- Se non è un disturbo per lei, per me va bene, – Colin si lamentò debolmente, ma ora che la caviglia era libera gli doleva meno, – non è la prima volta che mi faccio male e, ora che ho un tetto sopra la testa, penso di poter sopravvivere fino a domattina, signor… signor? –
- McGregor. Ewan McGregor, ma mi chiami Ewan per favore e, se per lei non è un problema, mi dia del tu, - gli rispose lo scozzese cercando qualcosa in un armadietto accanto al lavabo.
- La stessa cosa vale per lei… per te, Ewan. Io mi chiamo Colin Farrell, ma puoi chiamarmi Colin e darmi del tu, – distogliendo lo sguardo dallo scozzese, Colin lo fece vagare per la stanza, – hai una cosa molto grande, Ewan. Ci vivi da solo? -
- Sì, - gli rispose Ewan appoggiando sul tavolo tutta una serie di bende ed un tubetto di pomata, - era la casa dei miei nonni e l’hanno lasciata a me in eredità. Loro dicevano sempre che i miei genitori non avrebbe mai potuto amare la vita di campagna come me, ed è vero. Sono gente di città loro, mentre io ho sempre amato rintanarmi qui nelle Highlands. –
- Oh, capisco, – Colin annuì, sorridendo nuovamente, – devo dire che i tuoi genitori hanno ragione: perché andare a vivere in mezzo al nulla, quando in città hai tutto quello di cui hai bisogno? Farmacie, ristoranti, ombrelli e soprattutto niente buche! -
- Questo è vero, ma in città non hai tutto questo, - gli rispose Ewan sicuro del fatto suo, andando ad aprire le tende di una doppia porta finestra che lasciava spaziare lo sguardo sulle Highlands, - anche ricoperte di nebbia e di pioggia hanno la loro poesia. In città tutto questo non lo puoi vedere. –
- Touché di nuovo, – ammise Colin, – è solo che vivo da troppi anni a New York e mi sono dimenticato di quanto possa essere bella e insidiosa la natura. Non sono più il ragazzo irlandese di un tempo, – continuò con un sospiro di nostalgia, – posso fumare o ti dà fastidio? -
- Fai pure, fumo anche io, - gli rispose Ewan, - dunque tu sei irlandese, da quale parte di preciso? –
- Dublino, anche se abbiamo sempre abitato abbastanza in periferia, – rispose, cercando nello zaino il pacchetto di sigarette e trovandolo completamente inutilizzabile per colpa della pioggia , – merda! -
Ewan prese il suo pacchetto di sigarette dal piano della cucina e lo lanciò a Colin.
- Serviti pure, - mormorò tornando ad inginocchiarsi di fronte a lui per occuparsi del suo piede.
- Grazie, – Colin ne prese una e l’accese, osservando il lavoro di Ewan, – non so proprio come sdebitarmi per la tua gentilezza. -
- Non preoccuparti, non potevo certo lasciarti in mezzo ad una strada, - gli rispose Ewan senza distogliere gli occhi da ciò che stava facendo.
L’irlandese si morse il labbro per non gemere dal dolore quando le mani di Ewan gli toccavano la caviglia.
- Se vuoi, posso fare tutte le foto che vuoi. Ho ancora un bel po’ di rullini e… ok, come regalo di ringraziamento fa schifo, ma non ho altro con me. -
Ewan continuò a restare in silenzio fino a quando non ebbe finito di fasciargli il piede; solo quando si rialzò lo guardò inarcando un sopracciglio.
- Sei un fotografo, dunque? –
- Sì. O meglio, sono un fotoreporter. Se leggi i quotidiani, probabilmente avrai visto qualche mia foto da un territorio di guerra. Sono sempre in giro per il mondo e non ero mai stato in Scozia, – facendo attenzione, Colin si alzò e valutò la stabilità del piede, – una bella vacanza, non c’è che dire. -
- Per me è meglio se stai seduto, - mormorò Ewan osservandolo, - lavoro interessante il tuo. Devi aver viaggiato molto. –
- Oh sì, molto, – mormorò l’irlandese, rimettendosi a sedere, – Medio Oriente, Africa, Europa dell’Est… tutti posti non molto sicuri, ma il lavoro è lavoro. Tu che fai, invece? A parte la crocerossina. -
Ewan si appoggiò al tavolo, sorridendo a Colin quasi intimidito.
- E pensare che io non ho mai lasciato la Scozia, - mormorò più tra sé che non all’irlandese, - io sono un pittore. Mediocre, certo, però amo quello che faccio. –
- Un pittore? Davvero? Io amo la pittura. Cioè, non ci capisco un cazzo però mi piace guardare i quadri. Vado spesso alle mostre a New York, – Colin rise felice, – Dio, mi perdo in Scozia e capito in casa di un artista… beh, sempre meglio di un serial killer o di un maniaco sessuale, – continuò, evitando di aggiungere che l’ultima opzione non gli sarebbe poi dispiaciuta.
La reazione di Ewan invece, all’ultima opzione, fu dimostrata dalla sue guance che si tinsero di rosso, costringendolo a girarsi per non far vedere a Colin quanto imbranato fosse su certe questioni. Fece finta di armeggiare con uno stupido pentolino nel lavabo.
- Hai fame? – gli chiese cambiando bruscamente discorso.
- Un po’… - rispose Colin, facendo il vago. In realtà il suo stomaco stava brontolando da quando era entrato in quella cucina, ricordandogli che era a digiuno dalla mattina, – però non fare cose troppo complicate, mi basta qualche fetta di pane e poco altro. -
- Come preferisci, - gli rispose Ewan. Una volta che ebbe iniziato ad armeggiare con le sue cose tornò a sentirsi padrone di se stesso, dimenticando le parole dette da Colin poco prima.
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Post by ladyanne on Feb 3, 2007 22:42:19 GMT 1
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Se c’era una cosa che Colin odiava con tutto se stesso, era la noia. Non gli piaceva non aver niente da fare, anche da bambino era così. Gli bastava qualcosa, qualsiasi cosa, che lo aiutasse a tenere allenata la mente e a non lasciarsi vincere dal tedio.
E in quel posto dimenticato da Dio, la monotonia doveva essere all’ordine del giorno. La televisione faceva male per colpa del maltempo e poi non gli era mai interessata più di tanto, i libri che erano in casa li aveva già letti tutti. Avrebbe voluto fare due chiacchiere con Ewan, ma l’uomo si era chiuso nel suo studio nel quale aveva l’ordine di non entrare.
- Che palle! – sospirò, fissando la pioggia che batteva contro la finestra. Anche il tempo ci metteva del suo per rendergli la situazione insostenibile, – sarà meglio che pensi un po’ al lavoro. –
Si mise a sedere sul tappeto davanti al camino, con in mano la vecchia cartellina scolorita che usava come raccoglitore per le sue foto. La aprì e con calma cominciò ad allinearle per soggetto davanti a sé , controllando che l’acquazzone di due giorni prima non le avesse rovinate.
Ewan entrò nella stanza qualche minuto dopo, i jeans come sempre sporchi di colore e le maniche della camicia arrotolate. Si passò una mano nei capelli e si fermò in piedi alle spalle di Colin, osservando da sopra la sua testa le fotografie sparse sul pavimento.
- Non saresti più comodo sul tavolo in cucina? – gli chiese.
- No, grazie, - rispose l’irlandese, senza neanche alzare la testa, – ho un particolare ritrosia per qualsiasi tipo di mobile. A casa mia ho solo un letto e la cucina e per me sono già abbastanza. -
Lo scozzese si sedette sul divano, allungando le gambe di fronte a sé. Aveva lavorato tutta la mattina ed ora sentiva tutti i muscoli indolenziti.
- Io non riuscirei a vivere senza essere circondato da tutte le mie cose, ma con ogni probabilità è per questo che tu sei un vagabondo ed io un sedentario. –
- Ma io sono circondato dalle mie cose, solo che sono talmente abituato a vivere dove capita che, per me, una casa non ha lo stesso valore che ha per te o per un altro. –
Facendo attenzione, Colin posò la cartellina davanti a sé e si voltò a guardare Ewan, – la mia casa è come un rifugio: posso andare in giro per il mondo, sapendo che avrò sempre un posto per tornare. Solo che, quando sono lì, muoio dalla voglia di lasciarlo. La mia vita è una ricerca continua e chissà, forse un giorno troverò quello che cerco. -
- E cosa stai cercando, irlandese? – gli chiese Ewan, abbassando senza rendersene conto il tono della sua voce.
Erano due giorni che Colin si trovava a casa sua e, nonostante all’inizio avesse cercato di mantenere le distanze, in quel poco tempo aveva iniziato a provare per quell’uomo una strana attrazione, un misto di sentimenti che lo lasciavano allibito.
- Un motivo, - rispose Colin, senza neanche doversi fermare a riflettere, – un motivo per fermarmi e per non viaggiare più. –
Ewan si sedette sul bordo del divano, osservando le immagini che Colin era riuscito a catturare con la sua macchina fotografica. I posti erano i più disparati, così come i volti.
- Ho paura che farai fatica a trovarlo. Non deve essere facile rinunciare a tutto questo, - disse l’uomo indicando le foto sul pavimento.
- No, non lo è. Forse per questo che non l’ho ancora trovato. –
Spostandosi di lato, fece segno ad Ewan di raggiungerlo sul tappeto. Gli piaceva averlo accanto, anzi, per essere sinceri, gli piaceva in tutti i sensi. Se lo sarebbe portato a letto volentieri, visto che dal punto di vista sessuale non disdegnava di alternare gli uomini alle donne, ma era convinto che lo scozzese non fosse di questo avviso.
Da quel poco che aveva capito, doveva essere un etero convinto, non interessato a nuove scoperte sul piano sessuale. Sempre se esisteva un piano “sessuale” per il pittore: tutte le volte che si era azzardato a fare commenti o frasi a doppio senso, Ewan era arrossito e aveva cambiato argomento. No, non c’era molto da fare con lui.
Ewan accolse l’invito di Colin e si sedette al suo fianco incrociando le gambe. Vi appoggiò i gomiti ed osservò le foto con occhio attento. Sua madre gli diceva spesso che lui possedeva un occhio particolare per le immagini, per questo, secondo lei, riusciva a dipingere così bene.
Allungò una mano e prese una foto che ritraeva due giovani uomini abbracciati su un ponte.
- E’ molto bella, - disse sorridendo a Colin, mentre un lieve rossore gli si dipingeva sul volto. Non sapeva se era dovuto alla foto o alla presenza dell’irlandese al suo fianco.
- Grazie, - l’irlandese gli sorrise, grato per il complimento, – sono due miei amici, stanno insieme da anni ormai. -
Si spostò leggermente accanto a lui per indicargli uno dei due uomini ritratti, – abbiamo avuto una storia, ma non è andata. Per fortuna siamo rimasti amici: odio quando una semplice scopata basta a rovinare i rapporti tra due persone, non trovi? -
- Uh, beh, sì, certo, - mormorò Ewan, certo ormai di essere dello stesso colore dei pomodori maturi.
Colin sorrise tra sé e sé: la timidezza dello scozzese lo inteneriva, ma lo rendeva anche un po’ più stronzo del solito.
- Certo dipende anche da quello che due uomini fanno: cioè, direi che tra amici può essere concesso un pompino ogni tanto, mentre, per quanto riguarda una scopata, dipende per quale motivo la si fa, – mentre parlava, l’irlandese sistemava le foto, facendo finta di ignorare l’espressione dipinta sulla faccia di Ewan, – per esempio, se la si fa per passare il tempo o perché si è ubriachi, allora va bene. Ma quando si mettono in gioco i sentimenti, è un casino. -
Ewan rimise a posto la foto e continuò a guardare le altre, cercando di ignorare le parole che Colin aveva appena pronunciato. Fino a quel momento lui era stato solo con delle donne, poche a dire il vero, e mai, in vita sua, avrebbe pensato di provare una così forte attrazione per una persona del suo stesso sesso.
Colin si stava divertendo a giocare lui: Ewan sarà stato anche timido ma, di certo, non era stupido. Decise perciò che ignorarlo era la cosa più saggia che potesse fare.
Vedendo che Ewan non reagiva più, Colin lasciò perdere il suo gioco idiota per tornare a fare la persona seria.
- Le mie preferite sono i paesaggi. Non sono un grande amante delle persone, preferisco stare da solo quando lavoro, – mormorò, porgendogli un mazzo di foto che ancora non aveva messo sul tappeto.
Ewan le prese e le osservò attentamente. Alcune le passò in fretta, su altre invece si soffermò di più. Le riguardò una, due, tre volte ed alla fine le posò sul pavimento, girandosi ad osservare Colin.
- Sono tutte veramente belle, Colin. Alcune hanno un qualcosa in più di altre, ti catturano, direi. Ma sono veramente ottime. –
- Grazie, sei gentile, – sussurrò il fotografo, fissandolo intensamente negli occhi. Gli piacevano, erano così intensi, profondi e dolci.
- Dico solo ciò che penso, Colin, niente di più, - mormorò Ewan in risposta, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di Colin.
- Posso farti una domanda personale, Ewan? Se non vuoi rispondere, posso capirti, – Colin cercava di saggiare il pittore per vedere se c’era qualche possibilità di approfondire la loro amicizia.
- Sì, certo. Dimmi pure, - gli rispose Ewan.
- Sei un uomo affascinante, colto. Fai un lavoro interessante ed hai una bella casa. Hai tutte le caratteristiche che piacciono ad una donna, ma non hai una donna. Perché non c’è ancora una signora McGregor? -
Ewan scosse il capo, ridendo.
- A dirti la verità non frequento molto gli ambienti giusti. Non esco praticamente mai; quando lo faccio, di solito, vado ad Edimburgo a trovare i miei genitori. Sai, sono un po’ masochista ed amo sentirmi ripetere fino alla nausea da mio padre che sono un fallito, al contrario di mio fratello. Così, se anche avessi una mezza idea di andare in un bar e conoscere qualcuna, sono così di cattivo umore che evito. –
Prima di continuare l’uomo parve riflettere un attimo.
- Poi non ho molta voglia di sposarmi, a dirti la verità. Ci tengo troppo alla mia libertà, sai che palle avere una donna intorno tutto il giorno, non riuscirei più a stare in pace con me stesso e con ciò che mi circonda. –
- Concordo su tutto! – esclamò Colin ridendo a sua volta, – ah, Ewan, noi abbiamo molte cose in comune, anche se non sembra. -
- Siamo entrambi allergici alle donne, Colin? – lo rimbeccò Ewan ridendo ancora di gusto.
- Amico mio, sto ancora maledicendo Dio per aver creato Eva. Ma che bisogno c’era dico io? – Colin si appoggiò al divano e prese una sigaretta dal pacchetto, allungandolo poi ad Ewan, – le donne della mia vita sono state tutte rompiscatole, isteriche, frigide e odiose, a volte tutte e quattro le cose contemporaneamente. Così sai cosa ho fatto un giorno, dopo l’ennesima donna che voleva farmi cambiare vita? Sono andato a letto con uomo. Credimi, caro il mio scozzese, si vive molto meglio così! -
Ewan prese la sigaretta e, dopo averla accesa ed aver tirato un boccata, tornò a guardare Colin.
- Io non sono mai stato con un uomo e, sinceramente, non so se la cosa potrebbe piacermi, - mormorò arrossendo di nuovo e maledicendosi per questo, - però concordo sulle donne. Anche quelle che ho avuto io alla fine non sono risultate molto simpatiche. –
- Beh, ti consiglio di provarci un giorno, - Colin gli fece l’occhiolino, poi cominciò a rimettere a posto le foto. Non doveva esagerare subito, altrimenti lo avrebbe sconvolto e basta, – che ne diresti di farmi vedere i tuoi quadri? Sono curioso di sapere cosa fai tutto il giorno in quella stanza. -
- Non oggi, ma prometto che prima o poi ti ci farò entrare, – gli rispose lo scozzese sorridendo.
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Post by ladyanne on Feb 3, 2007 22:43:21 GMT 1
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Aprire la porta era stato facile, ma superare la soglia non lo era per niente. Gli dispiaceva per Ewan, ma d’altronde la curiosità era sempre stata il suo punto debole. Un fotografo senza curiosità non è un vero fotografo.
Gli aveva chiesto di mostrargli i suoi quadri, ma lo scozzese non aveva voluto. Anche dopo tre giorni di convivenza forzata, malgrado fossero diventati amici, Colin non era riuscito ad entrare in quella stanza. E lui moriva dalla voglia di vedere quello che c’era dentro.
Si mise in ascolto dei rumori che provenivano dal piano superiore: l’acqua che scorreva era il segnale che Ewan era appena entrato sotto la doccia. Bene, aveva qualche minuto per dare un’occhiata alla stanza. Facendosi coraggio entrò ed accese la luce.
- Cazzo… - mormorò. Decine di quadri erano appoggiati alle pareti: qualche ritratto, molti paesaggi, tutti dipinti con la stessa mano decisa. Colin non se ne intendeva molto, era Kim la vera esperta d’arte, ma non aveva bisogno di critici per dire che Ewan era veramente bravo. Dimenticandosi di tutto, l’irlandese cominciò a gironzolare per la stanza, osservandoli uno ad uno e rimpiangendo di non avere la macchina con sé per immortalarli.
Lo sbaglio di Colin fu di non rendersi conto che, come la maggior parte degli amanti dell’arte, di fronte ad un’opera degna di questo nome, il tempo passa senza rendersene conto. Quando Ewan scese di sotto a cercarlo, ancora in accappatoio e con i capelli fradici, erano passati quasi quindici minuti dal momento in cui l’irlandese era entrato nel suo studio.
Lo scozzese entrò piano nella stanza, sul suo viso un’espressione indecifrabile. Si sentiva tradito e deluso dal comportamento di Colin. Pensava che l’altro avesse capito… ancora qualche giorno e lo avrebbe portato lui lì, era lui che doveva mostrargli i suoi quadri.
Odiava l’idea che Colin fosse entrato nel cuore stesso della sua casa senza il suo permesso. Per Ewan era come una violenza.
- Esci subito da qui, - mormorò freddo.
- Ewan, io… - Colin si voltò a guardarlo e rimase colpito dall’espressione dell’altro. Non si aspettava che quella semplice disobbedienza potesse causargli una rabbia così profonda, – scusa, ma non ho resistito. Sei molto bravo… - mormorò, tentando di scusarsi mentre gli si avvicinava pian piano.
D’istinto Ewan indietreggiò di qualche passo, senza rendersi conto di essersi messo da solo con le spalle al muro.
- Esci. –
- Mi dispiace, – Colin gli era ormai davanti: allungò una mano per accarezzargli una spalla, cercando di calmarlo, – Ehi, va tutto bene. Non è successo niente. -
- Non dovevi entrare, non lo dovevi fare, - si limitò a sibilare Ewan fissando gli occhi chiari in quelli scuri dell’irlandese.
- Ok, scusa. Ero solo curioso, – malgrado la tensione, Colin tentò di sorridere, – I tuoi quadri sono veramente belli, faresti furore a New York. -
- Non mi interessa cosa potrei fare, non trattarmi come un idiota, Colin, – gli urlò in faccia Ewan.
Lo scozzese si scostò una ciocca di capelli bagnati dalla fronte, chiaro segno di irrequietezza.
- Volevo essere io a farteli vedere, - continuò dopo un attimo, a voce bassa.
La rivelazione e la rabbia di Ewan lo lasciarono interdetto per qualche minuto. Poi Colin ritornò padrone di se stesso e si sentì un idiota totale.
- Scusami tanto, non lo avevo capito, – disse Colin, chinando il capo, – ora sarà meglio che vada e che cominci a fare i bagagli. Non posso approfittare ancora della tua gentilezza e il tempo non è poi così brutto. -
Perché era così difficile? Nei pochi giorni che aveva passato con Colin, Ewan aveva spesso provato emozioni contrastanti. Non si era mai sentito con nessuno come con l’irlandese. In più di una occasione i loro corpi si erano sfiorati, le loro mani si erano toccate, ed in quei momenti lo scozzese avrebbe dato tutto pur di avere qualcosa in più da Colin.
Ma il tempo era passato, e lui non aveva avuto il coraggio di fare nulla, limitandosi a stare fermo, in silenzio, ad aspettare qualcosa che non era venuto. Ed ora Colin voleva andarsene e lui non ce la faceva a lasciarlo uscire così dalla sua vita.
Per la prima volta, Ewan si sentiva attratto da un essere umano al punto che sarebbe stato pronto a tutto per lui, solo che la sua timidezza continuava a creare una barriera tra lui e Colin.
- No, - mormorò piano, - non te ne andare. –
Alle sue stesse orecchie queste parole suonarono strane e lontane, ma era quanto di più vero avesse detto a Colin in quei giorni.
L’irlandese lo guardò negli occhi, convinto di aver capito male. In quei pochi giorni si era sentito attratto da Ewan, ma la timidezza dell’altro lo aveva bloccato. Aveva paura di aver frainteso i gesti dello scozzese: forse era solo un caso se ogni tanto lo sfiorava o si avvicinava troppo a lui. Aveva paura di rovinare tutto lasciandosi andare per poi essere rifiutato. Per questo non aveva fatto niente, limitandosi a considerare Ewan un buon amico.
Ma ora nei suoi occhi e nelle sue parole non c’era amicizia, ma qualcosa di diverso e di più profondo. Si avvicinò di più a lui, appoggiandogli le mani sulle braccia.
- Vuoi che resti, Ewan? -
Ewan non riuscì a sostenere lo sguardo di Colin, ma questo non gli impedì di rispondergli, seppur con un filo di voce.
- Sì, tu… ecco, mi fa piacere avere compagnia ogni tanto, - sollevò lo sguardo cercando di sorridere, pur sapendo di non esserci riuscito, - ora vado a vestirmi, ho freddo. –
- Cosa?... Sì, certo… - in un attimo, Colin tolse le mani da Ewan e si allontanò da lui, zoppicando fino al salotto, dove si lasciò cadere sul divano.
Aveva equivocato ancora! Ewan non voleva niente di diverso da lui che una semplice amicizia. Era eterosessuale, glielo aveva anche detto, come poteva pensare di andare a letto con lui?
- Smetti di pensare col cazzo e cerca di usare il cervello ogni tanto, stronzo di un irlandese, – mormorò a se stesso, fissando il fuoco nel caminetto.
Ewan lo raggiunse in salotto poco dopo, sedendosi sul divano accanto a lui in silenzio. Subito però si rese conto che non ce la faceva, doveva dire qualcosa. Chiuse gli occhi e respirò a fondo, cercando di non pensare al calore che aveva provato poco prima quando Colin lo aveva toccato, cercando di non pensare al disperato bisogno che aveva sentito di essere baciato da lui.
- Così ti piacciono i miei quadri? – gli chiese.
- Sì. molto. Sono fatti con molta passione, – rispose Colin automaticamente, senza guardarlo. Aveva paura di non poter controllare i suoi istinti ancora per molto davanti a quegli occhi chiari.
- Sono contento che ti piacciano, anche a me piacciono le tue fotografie. -
- Grazie, – Colin spostò lo sguardo su Ewan e rimase ad osservarlo in silenzio. Amava tutto di lui: gli occhi, la bocca, le mani… tutto quello che era riuscito a vedere finora.
“Coraggio, bello. Dammi un altro segno e giuro che ti salto addosso” pensò, mentre sentiva l’eccitazione crescere dentro di sé.
Lo sguardo di Colin, che sembrava volergli leggere dentro, stava turbando Ewan, che si mosse nervosamente sul divano.
- Vuoi mangiare? – gli chiese. Che cosa stupida da chiedere, ma d’altro canto Ewan, in quel momento, non aveva altre idee. O meglio, le aveva, ma tutte erano concentrate su pensieri impuri su Colin.
- No, grazie, non ho fame, – sospirò Colin, alzandosi in piedi, – credo che mi farò una doccia e me ne andrò a letto. Se mi vuoi, mi trovi in camera. -
Quell’ultima frase era un chiaro invito che sperava lo scozzese avesse colto. Ora, quello di cui aveva bisogno, era un attimo di solitudine per calmare la tensione che stava provando.
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Post by ladyanne on Feb 3, 2007 22:43:41 GMT 1
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Era passata più di un’ora da quando Colin se ne era andato, ed Ewan era ancora fermo nella stessa posizione. Le parole che l’uomo aveva detto prima di andarsene potevano avere molti significati, ed Ewan li aveva presi in considerazione tutti.
Si sentiva stanco e decise che era molto meglio andare a letto, di certo un bel sonno ristoratore era ciò di cui aveva bisogno per non pensare a tutto quello che stava provando. Salì lentamente le scale e, quasi fosse stato attratto da una calamita invisibile, si fermò di fronte alla porta della stanza di Colin.
Respirò a fondo, poi lentamente bussò. Con ogni probabilità aveva capito male, ma qualcosa doveva fare oppure sarebbe impazzito: altro che buona notte di sonno.
- Avanti! – rispose Colin sorridendo. Sapeva che sarebbe venuto, non era così scemo da non aver capito che a Ewan piaceva. Il ragazzo aveva solo bisogno di una piccola spinta e lui gliel’aveva data.
Certo, non era finita lì. Per questo aveva deciso di non mettersi niente addosso, dopo la doccia. Era refrattario ai pigiami e preferiva dormire in mutande anche quando fuori era meno cinque. Però, per quella notte, aveva deciso di fare a meno anche della biancheria sotto le coperte.
O Ewan si spaventava e scappava oppure ci avrebbe fatto un pensierino.
Ewan entrò in silenzio, chiudendosi la porta alle spalle ed appoggiandovisi contro. Abbozzò un sorriso in direzione di Colin che, seduto sul letto con il lenzuolo che gli arrivava solo a metà petto, faceva venire ad Ewan la voglia di allungare una mano per poterlo toccare.
Cosa del tutto impossibile, visto che non si era ancora schiodata dalla porta.
- Passavo di qui e così sono venuto a salutarti, - mormorò la prima scusa cretina che gli passò per la mente.
- In effetti è da molto tempo che non ci vediamo, – rispose divertito Colin.
Spostandosi di lato, fece segno a Ewan di sedersi sul letto accanto a lui.
- Vieni, prometto che non ti morderò. -
Per fare quei pochi passi che lo dividevano dal letto sembrò ad Ewan di impiegarci una vita e, quando ci fu abbastanza vicino, si lasciò cadere sopra, quasi come un naufrago alla ricerca di una zattera. Si accomodò meglio, appoggiando la schiena alle testiera e cercando di resistere al forte impulso di girarsi a guardare Colin.
- Dì qualcosa, ti prego, - mormorò; era stanco di quel silenzio.
- Guardami, – fu l’unica parola che uscì dalle labbra di Colin.
Ewan si girò ed i suoi occhi incontrarono quelli di Colin, mentre sentiva dentro di sé tutte le sue resistenze cadere come un castello di sabbia. - Dì ancora qualcosa… -
Colin si avvicinò a lui, fino a che le sue labbra non sfiorarono quelle di Ewan.
- Baciami, – mormorò.
Timidamente Ewan si avvicinò a sua volta a Colin, appoggiando le labbra alle sue, un bacio leggero, quasi delicato.
- Ho bisogno di… io non lo so, capisci? Voglio sentire la tua voce. –
- Shhh… non temere, Ewan. Lasciati andare e non avere paura, – la voce di Colin era dolce e calma, tesa a calmare l’uomo. Lo baciò di nuovo, stavolta osando di più, mentre le sue mani lo accarezzavano lentamente.
- Calmati o ti farai venire un infarto, – disse sorridendogli.
- Sì, hai ragione, - gli rispose Ewan abbozzando finalmente un sorriso, - posso… cioè pensavo, mi piacerebbe sedermi sulle tue gambe. Oh, lo so che è stupido, - l’uomo arrossì, ma cercò di non distogliere lo sguardo da quello dell’irlandese.
- Certo, puoi chiedermi tutto quello che vuoi, – Colin si tirò su a sedere, – eccomi qua, tutto per te. -
Sorridendo Ewan si sedette sulle gambe di Colin, poi allungò una mano verso il petto dell’uomo accarezzandolo piano con le dita.
- Mi piaci tanto, Colin, - sussurrò guardandolo negli occhi.
- Anche tu mi piaci, timidone. Non aspettavo altro che tu mi dicessi che non mi ero sbagliato, – senza dargli il tempo di replicare, Colin lo baciò di nuovo, spingendo la lingua nella bocca di Ewan, che questa la volta la aprì, inizialmente intimidito da quel contatto, ma subito la passione ebbe il sopravvento, spingendolo a stringersi di più al corpo di Colin, una mano ferma tra i capelli dell’irlandese.
Quando il bacio ebbe fine, Colin accarezzò i capelli di Ewan, – vuoi spogliarti per me? – gli sussurrò, – ho sognato il tuo corpo, tutte queste notti, e deve essere bellissimo. -
- Sì certo, - mormorò Ewan cercando di non arrossire, anche se, sotto lo sguardo di Colin, diventava difficile. Le sue mani tremavano leggermente mentre iniziava a sbottonarsi la camicia.
- Mi sento un bambino dell’asilo, mi credi Colin? – gli chiese ridacchiando.
- Ti credo, – Colin gli fermò le mani e le allontanò dalla camicia, – forse è meglio se faccio io, altrimenti finiamo a capodanno, – aggiunse ridendo.
Con sicurezza finì di sbottonare la camicia e la aprì, ammirando le forme del corpo di Ewan che fino ad allora gli erano state nascoste.
- Ti piaccio? – domandò Ewan, allungando una mano per sfiorare con le dita la spalla di Colin. Si stava rendendo conto che gli veniva sempre più difficile il non toccarlo.
- E me lo chiedi? Sei bellissimo, scozzese. –
Colin fece cadere la camicia di Ewan in terra, poi se lo strinse contro baciando e leccando quella pelle bollente.
Ewan si abbandonò tra quelle braccia muscolose, respirando l’odore forte dell’uomo. Chiuse gli occhi, lasciando che le sensazioni lo travolgessero. Era stato con diverse donne, in passato, ma mai nessuna aveva acceso quel fuoco dentro di lui, solo la lingua e la bocca di Colin ci stavano riuscendo.
- Colin, - sussurrò contro il suo collo, mentre automaticamente iniziava a leccarlo e a morderlo.
L’irlandese si limitò a gemere di piacere, continuando a godersi quel corpo che nessun altro uomo aveva toccato in quel modo. La sua lingua risalì fino ad uno dei capezzoli, divertendosi a stuzzicarlo prima di morderlo con dolcezza.
- Ah, cazzo… - gemette Ewan graffiando la schiena di Colin.
Sentiva la ragione abbandonarlo piano ed inoltre intuiva che, se non si fosse staccato dall’irlandese, sarebbe venuto così, dentro i pantaloni e seduto sulle sue gambe. Con riluttanza appoggiò le mani sulle spalle di Colin e si staccò un attimo da lui.
- Cazzo… non è normale, mi farai venire solo guardandomi e leccandomi così, - mormorò talmente piano, al punto che non era sicuro che Colin lo avesse sentito.
- È normale invece, Ewan, – lo rassicurò Colin, – anch’io sono eccitato e temo che bagnerò le tue lenzuola se non ci sbrighiamo ad andare avanti. –
Mentre parlava, slacciò la cintura dello scozzese e gli aprì i pantaloni.
– Che ne dici di togliergli? – mormorò, – così poi puoi venire a farmi compagnia in questo letto freddo. -
- Io non… - inizio Ewan, ma poi sembrò guadagnare un po’ di decisione e si alzò in piedi, - oh fanculo Ewan è ora di smetterla, - borbottò, iniziando a slacciarsi i pantaloni.
Ridendo davanti a quella scena, Colin alzò le coperte in attesa che Ewan lo raggiungesse. Sapeva benissimo che, in tal modo, mostrava all’altro il suo corpo nudo ed eccitato. Lo sapeva e voleva vedere se si sarebbe finalmente deciso.
Quando finalmente ebbe finito di spogliarsi Ewan si decise a guardare verso Colin e restò per un attimo in silenzio, ad osservare quel corpo muscoloso. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso e continuava a sentirsi un perfetto imbecille: nudo, eccitato, con gli occhi sbarrati a guardare un uomo splendido in quel letto.
- E… e poi sarei io quello bello? – riuscì a mormorare alla fine.
- Vuoi che ti porti i popcorn? – chiese Colin con una risata, – vieni, fa un freddo cane e tra poco il mio bambino deciderà di rientrare dentro per scaldarsi! –
Maliziosamente sfiorò l’erezione, lasciandosi sfuggire un gemito, – non ti va di riscaldarlo? -
Senza rispondere Ewan si avvicinò al letto, lasciandosi scivolare al suo interno. Si sedette accanto a Colin; non sapeva perché, ma ora che non c’era più la stoffa dei jeans a dividerli non se la sentiva di sedersi di nuovo sulle sue gambe.
- Lo sai cosa mi piace tanto di te? La tua voce, cioè prima… come mi parlavi… sei… uh… eccitante ecco, - sussurrò stando attento a tenere lo sguardo fisso di fronte a sé.
- Grazie, è un bel complimento, – rispose Colin, incapace di staccare gli occhi da quel corpo. Cazzo se era bello!
– Sdraiati e cerca di rilassarti, andrà tutto bene, – mormorò poi.
- Se lo dici tu, mi fido, - rispose Ewan ridacchiando e, seguendo il consiglio di Colin, si sdraiò.
Subito l’irlandese montò sopra di lui, a cavalcioni dei suoi fianchi. Si chinò in avanti e riprese a baciargli il petto, assaporando ogni fremito.
- Devi star calmo, vedrai che andrà tutto bene, – mormorava nel frattempo, – ti farò impazzire, ti farò godere come mai ti è successo con una donna. -
- Ci stai già riuscendo, - mormorò Ewan prendendo ad accarezzargli la schiena, - mi stai già facendo impazzire Colin. –
- Oh no, questo non è ancora niente… fidati, – lentamente scese fino all’inguine, sorrise un attimo guardando l’espressione rapita di Ewan, poi prese in bocca il suo sesso.
- Cazzo, sì… - gemette Ewan quando la bocca di Colin si chiuse su di lui. D’istinto inarcò la schiena, cercando più contatto con il calore dell’irlandese.
- Colin, cazzo… - mormorò.
L’eccitazione di Ewan era al massimo, Colin lo sentiva chiaramente, per questo aumentò il ritmo, deciso a farlo venire. La notte era ancora agli inizi e aveva intenzione di non dargli tregua. Con la mano scese ad accarezzargli i testicoli, seguendo i movimenti della lingua sulla sua erezione.
Ewan strinse di più la presa attorno ai capelli di Colin, stava giungendo al limite, lo sapeva, e non aveva più intenzione di dire all’irlandese di fermarsi, sarebbe morto piuttosto. Quando venne urlò il nome dell’uomo, scosso da tremiti in tutto il corpo.
Colin alzò la testa e rimase ad osservare Ewan che riprendeva fiato.
- Allora, ti ho fatto impazzire? – chiese, accarezzandogli il petto
- Sì… sì… - sussurrò Ewan. chiudendo per un attimo gli occhi.
L’irlandese si distese accanto a lui, ammirando i lineamenti perfetti del suo volto.
- Riposati un po’, – mormorò al suo orecchio,– io intanto tento di trovare un modo per sfogare la mia eccitazione, altrimenti temo che non andremo molto avanti. –
Ewan lo guardò, poi parve prendere una decisione e, titubante, allungò una mano toccando il sesso di Colin.
- Forse potrei aiutarti io, - mormorò.
- Solo se ti senti di farlo… - cercò di dire Colin, ma il tocco della mano di Ewan lo fece gemere. Senza pensare, si avvicinò di più a lui nella speranza che approfondisse quella semplice carezza, – ti prego… -
Certo, Ewan non era mai stato con un uomo, ma lo era. Non era difficile sapere cosa fare. Deciso chiuse il pugno su Colin, iniziando a muovere piano la mano su di lui, mentre gli baciava il petto soffermandosi a leccargli i capezzoli, proprio come l’irlandese aveva fatto con lui poco prima.
Dopo pochi minuti, anche Colin venne gemendo forte. Appoggiò la testa sulla spalla di Ewan e respirò affannosamente, cercando di riprendere il controllo.
- Cazzo! Devo ringraziare il cielo per essere venuto in vacanza in Scozia. Sei il miglior amante che mi sia capitato da qualche anno a questa parte, – ridacchiò, baciandolo sul collo.
- Aye, beh… sono contento, - sorrise Ewan, godendo del calore del corpo di Colin accanto a sé.
- Anch’io. L’unico problema è che io mi stanco difficilmente e non ne ho mai abbastanza, – la sua bocca risalì fino al lobo, mordicchiandolo appena, – ti dispiace? –
- Nay, per niente, - gli rispose Ewan stringendosi di più a lui.
- Bene, allora andiamo d’accordo, – Colin sorrise accarezzandogli la schiena, – mi piacciono gli uomini che non si stancano e che sanno amare per ore… e ore… e ore… -
Mentre parlava, le sue mani scesero fino alle natiche di Ewan, sfiorandole e pizzicandole.
- Complimenti, McGregor, hai un culo ben fatto, bello sodo, – dichiarò, accompagnando le parole con una leggera pacca.
- Ahi, scemo! – bofonchiò Ewan, pizzicandogli la coscia e ridendo allo stesso tempo.
- Ehi, ti ho fatto un complimento! – rise l’irlandese, senza smettere di accarezzarlo, – certo, posso anche sbagliarmi. Non l’ho mica visto bene. Se vuoi, ci do un’occhiata più da vicino. -
- Ma allora sei proprio scemo, - lo punzecchiò ancora Ewan.
- Dici? Perché non ti metti a pancia sotto, così vedo come è fatto? – insistette Colin, con una nota maliziosa nella voce.
Ewan lo guardo per un attimo, poi fece quello che gli aveva chiesto. Era un po’ preoccupato per quello che stava per accadere, ma si fidava di Colin.
- Tranquillo, – mormorò dolcemente, continuando ad accarezzarlo. Nuovamente si rimise sopra di lui e lo baciò, seguendo il filo della schiena fino ad arrivare alle natiche.
Ewan gemette sotto il tocco esperto di Colin ed iniziò a rilassarsi. E sentiva anche qualcos’altro muoversi, stupendosi delle continue reazioni che aveva grazie all’irlandese.
- Avevo ragione, è bellissimo! – esclamò ridendo, – visto, scozzese malfidato? –
Ewan abbozzò un sorriso scuotendo la testa.
- Avevo ragione, sei scemo! –
- Beh, sì, sono scemo. Però ho altre qualità. –
Senza attendere una risposta, si chinò di nuovo sul corpo di Ewan, scendendo sulle sue natiche e cercando con la lingua la sua entrata. La leccò dolcemente, stando attento ad ogni reazione dello scozzese. Era la sua prima volta e voleva essere sicuro che fosse pronto prima di entrare in lui.
Inizialmente Ewan si irrigidì a quell’intrusione, ma un po’ alla volta cercò di rilassarsi, lasciandosi andare completamente. Piccoli gemiti di piacere gli sfuggivano dalle labbra, mentre con le mani stringeva forte il lenzuolo.
Quando fu sicuro che Ewan fosse pronto, Colin si alzò per prendere dallo zaino un preservativo e il lubrificante che portava sempre con sé, perché non si può mai sapere che incontri si possono fare durante un viaggio.
Tornando sul letto, accarezzò la schiena dello scozzese prima di cominciare a prepararlo.
- Ora sentirai un po’ di male, ti senti deciso? Durerà poco, poi sentirai solo piacere. -
- Sì, io penso di farcela, - gli rispose Ewan sospirando.
Colin si versò un po’ di lubrificante sulle dita e lentamente ne inserì uno in lui, facendo attenzione alle reazioni di Ewan, il quale, strinse le labbra, ma subito le riaprì per permettere ad un gemito di piacere e di stupore di uscire. Non era sicuro che quello gli sarebbe piaciuto… eppure era così.
Rincuorato l’irlandese aggiunse l’altro dito e li mosse, mentre con l’altra mano gli accarezzava la schiena.
- Tutto bene? –
- Sì… io credo di sì… cazzo… non ti fermare Colin, - bisbigliò tra i gemiti Ewan. Ormai sentiva l’eccitazione riprendere possesso del suo corpo.
- Bene, – Colin tolse le dita e si mise il preservativo. Ora veniva il momento più difficile, ma se superava quello tutto sarebbe andato per il meglio. Si mise sopra Ewan e lo baciò sul collo, mentre pian piano si spingeva in lui.
D’istinto il corpo di Ewan si irrigidì, rendendo difficili le cose a Colin. Un gemito di dolore gli sfuggì dalle labbra quando sentì il sesso dell’irlandese entrare nel suo corpo, era come se lo stessero spaccando in due. Si morse con forza un labbro, mentre un lacrima solitaria gli rigava il volto.
Quando Colin se ne accorse, ebbe per un attimo la tentazione di smettere ed uscire da quel corpo. Ma non voleva farlo: desiderava Ewan da giorni ormai e il solo pensiero di poter fare una cosa del genere lo disturbava. Doveva andare avanti: se lo scozzese si fosse rilassato, avrebbe cominciato a provare piacere.
- Ehi, calmati… va tutto bene, – mormorò, spingendosi ancora di più dentro di lui.
Ewan chiuse gli occhi respirando a fondo e, piano piano, il dolore venne sostituito da un piacere intenso, quando il sesso di Colin toccò qualcosa dentro di lui, facendolo gemere di piacere.
- Cazzo… - sospirò rilassandosi del tutto sotto il corpo dell’irlandese.
Colin sorrise e si spinse completamente dentro il suo corpo, gemendo di piacere. Stette fermo un attimo per godersi quella sensazione di appagamento, poi lentamente cominciò a muoversi.
Lo scozzese strinse con forza le lenzuola inarcando la schiena, per cercare ancora più contatto con il corpo caldo dell’altro.
- Ah, Colin… - mormorò. Questo insieme ad altre parole prive di significato, mano a mano che il piacere aumentava. Parole che l’irlandese neanche udiva, perso nel piacere che stava provando. Le sue mani scesero lungo i fianchi di Ewan, facendosi strada verso il suo sesso per dargli un po’ di sollievo, mentre la sua lingua disegnava tracce invisibili sulla pelle sudata del collo.
- Colin… per favore… - nemmeno Ewan sapeva esattamente cosa voleva in quel momento. Voleva che Colin continuasse a scoparlo, così come stava facendo. Voleva venire… voleva troppe cose tutte insieme. L’unica certezza che aveva era che, in vita sua, non si era mai sentito così completo come in quel momento.
Qualsiasi cosa lo scozzese volesse, Colin continuò a farlo, scopandolo con forza sempre maggiore man mano che sentiva avvicinarsi il momento dell’orgasmo. Mai nella sua vita aveva provato quelle sensazioni così intense, con nessuno dei numerosi amanti che aveva avuto.
- Ewan… - mormorò tra i sospiri.
- Ah, Colin… - urlò Ewan quando l’orgasmo lo prese di nuovo, talmente forte da scuoterlo e lasciarlo senza fiato.
- Ewan… - gridò a sua volta Colin, venendo subito dopo. Distrutto, si lasciò andare sul corpo dell’altro.
Il pittore restò in silenzio a lungo, cercando di riprendere contatto con la realtà, anche se gli era difficile. Quando riacquistò un po’ di autocontrollo, sussurrò:
- Sei pesante, - ridacchiando.
- Scusa, – mormorò il fotografo, spostandosi da lui e lasciandosi ricadere sul letto accanto a lui, – allora, ho ripagato bene la tua ospitalità? -
Lentamente Ewan si avvicinò a lui, abbandonando la testa sul suo petto.
- Sì, direi di sì. –
In silenzio, Colin gli accarezzò i capelli. Non sapeva cosa dire in quel momento; il giorno dopo se ne sarebbe andato e non poteva dire se e quando si sarebbero rivisti. Erano due uomini così diversi, con due vite troppo distanti per potersi amare; ma non poteva dirglielo, non dopo quello che avevano appena fatto.
Ewan si limitò ad ascoltare in silenzio i battiti del cuore di Colin. Anche lui pensava che con l’irlandese c’erano molte cose che li rendevano diversi, ma, al contrario del fotografo, per il pittore, che era un eterno sognatore, tutto era possibile, anche il potersi amare.
- Ti amo, Colin, - bisbigliò prima di addormentarsi.
Colin si sentì morire dopo quelle parole: lui non poteva amare Ewan, non con il lavoro che faceva. Se lo scozzese non se ne rendeva conto, doveva pensarci lui ad affrontare la realtà: se ne sarebbe andato, così ben presto Ewan lo avrebbe dimenticato.
Lui non era fatto per l’amore.
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Post by ladyanne on Feb 3, 2007 22:44:09 GMT 1
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Con dolcezza, spostò lo scozzese e si alzò cercando di non fare rumore; si rivestì e mise la sua roba in borsa, deciso a lasciare quel posto prima che Ewan si svegliasse. Ma il vederlo tranquillamente addormentato, con quel sorriso felice sulle labbra, lo bloccò: non poteva lasciarlo così, senza una spiegazione.
Dalla tasca dello zaino, prese una foto, quel tramonto sul mare che Ewan aveva amato fin dal primo momento che lo aveva visto, e una penna. Sul retro scrisse queste poche, semplici parole:
“Mi dispiace, ma non posso amarti. Io e te non possiamo stare insieme, ci faremmo solo del male. Spero che tu possa trovare un uomo che sappia amarti come meriti. Sei una persona splendida e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore. Grazie di tutto. Con affetto, Col”.
Posò la foto sul cuscino, accanto al suo volto. Dio, come era bello!
- Forse un giorno ci rivedremo, scozzese. Un giorno… - mormorò, prima di mettersi lo zaino in spalla.
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Un debole raggio di sole gli illuminò il volto, costringendo Ewan ad aprire gli occhi. Lo scozzese guardò oltre la finestra la luce che illuminava le sue Highlands. Quel giorno voleva portare fuori Colin a fare una passeggiata; ormai la sua caviglia era guarita completamente e non c’era niente di meglio che camminare per vedere le bellezze scozzesi.
Ewan si rigirò sul materasso, allungando una mano al suo fianco per cercare Colin e, quando sentì il freddo delle lenzuola, per un attimo, un brivido di paura lo attraversò. Cancello però subito i cattivi pensieri dalla sua mente perché, con ogni probabilità, Colin era in cucina a preparare la colazione.
Lo scozzese si mise a sedere, stirando i muscoli indolenziti. Tutto il suo corpo sembrava essere passato sotto una macina, ma, lo doveva ammettere, non si era mai sentito così bene come quella mattina. Sereno e felice.
Si alzò in piedi, deciso a farsi una bella doccia prima di scendere di sotto, senza nemmeno chiedersi come facesse Colin a fare tutto in perfetto silenzio perché, in casa, non si sentiva il minimo rumore. Quando un brivido di freddo lo attraversò, Ewan prese dal pavimento la sua camicia e la indossò.
Mentre lo stava facendo, notò la cartolina sul cuscino di Colin e fu con passo esitante che si avvicinò, e con mano tremante che la prese in mano. Non appena ebbe letto quelle poche parole gli sembrò che tutta la luce di quella mattina scomparisse, lasciando posto solo al buio.
Si lasciò cadere ai piedi del letto, le braccia strette intorno alle ginocchia, mentre le lacrime scendevano liberamente sul suo viso. Com’era possibile? Solo la notte prima si era sentito l’uomo più felice di questo mondo ed ora tutto era crollato.
Per colpa di un bastardo irlandese…
Con rabbia afferrò la cartolina, riducendola in mille pezzi, per poi scaraventarli in giro per la stanza.
- Ti odio! – urlò, ma l’unica risposta che ricevette fu l’eco della sua voce.
Continua…
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