Post by babyara on Oct 2, 2006 21:39:22 GMT 1
- Ecco a lei, Signor Davis. –
Il cameriere appoggiò davanti a lui un bicchiere di birra e, dopo che Alex lo ebbe ringraziato con un cenno del capo, se ne andò, lasciandolo solo. Bevve un sorso della bevanda ambrata prima di riportare lo sguardo sulle persone che camminavano sugli Champ Elysee.
Distrattamente, prese il cellulare dalla tasca della giacca e, premendo un paio di tasti, sul display apparve un numero, seguito da un nome: David. Erano passate più di due settimane dal “party” a Monaco, ed ancora non lo aveva chiamato.
“Due settimane,” pensò,
Schiacciò il tasto di chiamata, bene, il telefono squillava libero.
Dopo pochi secondi, si sentì un click sommesso, poi la voce calma di David filtrò attraverso l’apparecchio.
– Sì? -
- Buon giorno, Signor West, – rispose prontamente Alex.
- Alex. Ciao. –
Non c’era la minima sorpresa nel tono di David, né niente d’altro. Era come se si fossero sentiti solo la sera prima. – Che piacere. -
Alex sorrise e prese una sigaretta dal pacchetto sul tavolo. - Il piacere è tutto mio. Come stai? –
- Sto prendendo il sole in piscina, mentre aspetto che Franz mi porti da bere. Direi che sto benissimo. -
- Una vita molto impegnata, mio caro, mi raccomando di non stancarti troppo. -
- Faccio il possibile. E tu? -
Alex non riuscì a trattenere una risata alla riposta di David. – Io sto bene. -
- Buono. Allora, a cosa devo il piacere? Ti sei stufato di mangiare marmellata sul pane e vuoi provarla su qualcosa d’altro, o avevi solo nostalgia della mia voce? -
Alex alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. - Entrambe le cose, direi, anche se più della tua voce, ho nostalgia dei tuoi urli… -
Una risatina gli arrivò all’orecchio, – … ad averlo saputo, ti avrei inciso un bel nastro. -
- Sarebbe stata un’idea, peccato non averci pensato prima. –
Doveva chiederglielo? No? Era troppo? Sbuffò, cercando di riflettere, ma ancora non aveva ben deciso cosa fare; in fin dei conti non gli costava nulla parlare ancora un po’ con lui, poteva decidere nel frattempo.
Con un gesto chiamò il cameriere e pagò la birra, poi si alzò ed iniziò a camminare in mezzo alla gente.
– …Senti, David, hai qualcosa da fare nei prossimi giorni? – gli chiese alla fine. La decisione era stata presa in quel preciso momento. Se un solo aggettivo si doveva usare per definire Alex Davis, ‘impulsivo’ era quello giusto.
Chissà se David lo aveva capito.
- A parte prendere il sole anche sulla schiena, intendi? No, direi di no. Perché? -
- Perché ho un po’ di tempo libero… - ripose Alex, mentre si infilava in un vicolo poco affollato, – e pensavo che potresti raggiungermi. Devo assaggiare la marmellata… e tante altre cose… -
- Oh, yum…. non è male come proposta. Ma dove sei, esattamente? Di nuovo a Monaco? -
- No, sono a Parigi. –
Dall’altra parte ci fu un attimo di silenzio, poi David si mise a ridere – Fammi capire bene… vuoi che parta da Monaco per venire fino a Parigi a fare sesso con te? E’ questo che mi stai chiedendo? -
Alex rise a sua volta. - Detta così suona male, David, mi fai passare per un maniaco. Ti ricordo che io sono un bravo ragazzo, casto e puro… - e la sua risata aumentò di intensità, – però, sì, ti sto chiedendo esattamente questo. –
- Casto e puro… devo dire che lo nascondi bene, complimenti. – David fece una pausa, come se stesse valutando l’offerta. – E come mai, di grazia? Intendo dire… con tutti i corteggiatori che sicuramente ti girano intorno, perché vuoi proprio me? -
- Guarda che se tu parli di corteggiatori che sicuramente mi girano intorno, rischi che il mio ego cresca a dismisura… - Alex si sedette sua una panchina, lontano da tutto e da tutti, – comunque il problema dei miei mille amanti è che non urlano bene come te, non amano fare i giochini che piacciono a me… e non scopano come te! –
- Lo so che sono bravo… ascolta, dove sei? In questo momento, intendo. -
Alex scosse il capo rassegnato, messi insieme erano pronti per la fiera dell’ego. Di sicuro, per entrare nei Guinnes dei primati come ‘uomo più modesto della terra’ avrebbero dovuto combattere un’ardua battaglia.
- Sono in un vicolo dietro gli Champ Elysee. –
- Bene… allora facciamo così. Io vengo, se tu ora fai esattamente quello che ti dico, va bene? -
Alex si mise a ridere. - Mi potevi dire di essere Superman, tesoro. E come fai a sapere che farò tutto ciò che mi dirai? –
- Tu fidati. Allora, ci stai? -
- Va bene, ci sto. –
Silenzio. Quando la voce di David si fece sentire di nuovo, era di un’ottava più bassa del normale. – Mettiti la mano nei pantaloni. Come sto facendo io. -
Alex chiuse gli occhi, e quando li riaprì si guardò intorno. - David, sono per strada… -
- Hai detto che sei in un vicolo. Quanta gente vuoi che ci sia? Però, se proprio ci tieni, puoi trovarti un androne. Basta che fai alla svelta. – David fece una pausa, non era difficile immaginarlo sdraiato ai bordi della sua piscina, una mano infilata dentro il costume, a carezzarsi languidamente, mentre con l’altra reggeva il cellulare. – Io sono già… hmm… -
Alex girò lo sguardo da una parte all’altra del vicolo, poi vide quello che faceva al caso suo.
- Abbi un attimo di pazienza… - disse a David. Si alzò dalla panchina, dirigendosi verso l’uscio di un palazzo dal quale stava uscendo una donna.
Quando le fu di fronte, sfoderò il suo miglior sorriso, poi le tenne la porta aperta e, non appena la signora fu fuori, lui si infilò nel portone, sorridendole e biascicando un veloce: - Bonjour. –
Detto questo, si richiuse il portone alle spalle. Di fronte a lui una rampa di scale saliva agli appartamenti, mentre, vicino ad esse, un piccolo corridoio conduceva nel sottoscala. Si appoggiò al muro e riprese il telefono dalla tasca della giacca.
- Fatto… - mormorò.
- Bravo… ora apriti i pantaloni e infilaci dentro una mano. Toccati . E mentre lo fai, fai finta che sia io… che sia già lì e che ti stia toccando, come l’altra volta nella doccia… riesci a sentirmi, Alex? Senti le mie dita attorno al tuo cazzo, come lo stringono… piano, senza muoversi, non ancora…? -
Alex deglutì, sentiva già l’eccitazione aumentare, gli bastava il semplice suono della voce di David per perdere la ragione… che gli stava succedendo?
Fece quello che l’altro gli aveva detto, ed un debole gemito gli sfuggì dalle labbra quando la sua mano toccò il sesso caldo.
- Sì, ti sento… - mormorò.
- Anch’io… perché anche tu mi stai toccando… ho le tue mani tra le cosce, sui fianchi… dappertutto, tranne dove vorrei… mi stuzzichi, mente io sto muovendo la mano. Piano, ma lo sto facendo… oh, Alex… toccami… -
Alex appoggiò la testa contro il muro. - Sì, ti sto toccando David… senti la mia mano, ora… sentila mentre si stringe intorno al tuo cazzo… senti la mia lingua che ti lecca il collo… le spalle… senti quello che sento io… ah, le tue mani, David… -
- Oh sì… proprio così… muovila, Alex… muovila, e apri le gambe per me… voglio scivolarti dentro, cercare quel punto particolare, sfiorarlo una, due volte, come piace a te… perché ti piace, vero? Ti piace, ti piaccio, e mi vuoi… mi vuoi, tanto da farmi venire fino a Parigi, solo perché possa sbatterti sul letto e scoparti, fino a quando non ti è rimasta più una goccia di energia… non è così? –
Il respiro di David arrivava rapido contro l’orecchio di Alex, proprio come se si trovasse lì, e non a chilometri di distanza.
- Sì, mi piace… mi piace essere scopato da te, così come a te piace essere scopato da me… mentre le mie mani ti accarezzano… - rispose, aumentando il ritmo della sua mano, il respiro più affannato, gli occhi chiusi, – voglio che tu venga a Parigi, David, voglio scoparti, voglio essere scopato da te… ahh… -
- Lo farò… lo sto facendo… non mi senti? Non… - un gemito lo interruppe, e quando riprese, la sua voce era impaziente, febbrile, - non mi senti, mentre vado avanti e indietro, sempre più veloce? Mentre ti tocco, ormai ho trovato il punto preciso… Alex, Alex… ci sono… quasi… -
Alex non riuscì più a trattenere i gemiti, e la sua mano si muoveva più forte. - Oh sì, cazzo… ti sento David… più… più forte… ti prego… - mormorò, mentre davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini di loro due nella doccia… delle mani di David su di lui…
- Più forte, sì… così… - Poteva essere una domanda o un’affermazione, non era chiaro. – Cazzo, Alex, sì… - David emise un suono soffocato, segno che aveva raggiunto l’orgasmo.
- David…! -
Alex non riuscì a dire nient’altro, mentre a sua volta raggiungeva l’apice del piacere.
Cercò poi di riprendere fiato, quel tanto che gli bastava per mormorare: - Ora alza il culo e prendi un fottutissimo volo per Parigi! –
- Come posso resistere ad una richiesta fatta in modo tanto gentile? – Lentamente, anche la voce di David stava tornando normale. Ridacchiò. – Va bene. Vengo. Ma solo perché voglio farlo sul serio. Il sesso telefonico non mi basta. –
- Sei veramente difficile, sai… non ti basta mai niente… - Alex sorrise, effettivamente, nemmeno a lui quella telefonata era bastata.
Dall’altra parte, David fece una pausa, probabilmente per raccogliere le idee. – Devo dare un’occhiata ai voli. Credo di poter essere lì per stasera. Però ti tocca darmi il tuo numero adesso… e l’indirizzo di… cosa? Albergo? O hai una casa anche lì? –
- Anche qui, sembra che io abbia case in tutto il mondo. Comunque sì, prendi carta e penna che ti do l’indirizzo. – Glielo dettò e, quando ebbe finito aggiunse, - vicino alla Senna c’è un ristorante italiano molto carino; quando arrivi fatti una doccia, cambiati e raggiungimi lì. Ti lascio l’autista. –
- Ma che carino che sei, grazie… -
Un suono arrivò all’orecchio di Alex, molle che cigolavano, come se David si fosse alzato dal lettino su cui era rimasto sdraiato finora. – Se ci sono dei problemi, ti richiamo. Se invece non mi senti, vuol dire che per stasera sono seduto in quel ristorante. -
- Perfetto… a stasera, David. –
- A stasera… ah… un’ultima cosa… -
- Cosa? -
- E’ una cosa che devi fare per me… non portare biancheria. Ti voglio con solo i vestiti, niente sotto. E io farò altrettanto. D’accordo? -
Alex scosse la testa, sorridendo. - Nessun problema… - rispose, poi chiuse la comunicazione.
Cercò di darsi una sistemata, dopodiché, come se nulla fosse successo, uscì dal portone per avviarsi verso casa.
A chilometri di distanza, David sorrideva.
*****
Comodamente seduto ad un tavolo, Alex si divertiva ad osservare, attraverso la grande vetrata del locale, le persone che camminavano lente lungo la Senna.
Ogni volta che si trovava a Parigi, per lui quel ristorante era una tappa fissa, era un amante della buona cucina, ed aveva una vera e propria passione per quella italiana.
Si trovò a sorridere tra sé quando si rese conto che la maggior parte delle persone che passeggiavano a quell’ora erano per lo più coppie di innamorati, ma, lo sapeva bene, Parigi era la città dell’amore… lì tutto era permesso.
Con un gesto distratto guardò l’orologio; segnava le ventuno. Non sapeva a che ora fosse arrivato l’aereo di David, né tanto meno se fosse già effettivamente arrivato, però, presto o tardi, sarebbe stato lì. Magari non per lui, però da quel poco che lo conosceva, immaginava che l’altro avrebbe fatto carte false pur di vedere se avesse mantenuto la parola data.
In quello stesso momento, mentre Alex sollevava il braccio per controllare l’ora, David entrava nel ristorante. Sfoderò il suo miglior sorriso e chiese al maitre se il signor Davis fosse già al loro tavolo.
Dopo aver controllato, l’uomo annuì, facendo, nel contempo, cenno ad uno dei camerieri.
- François? Accompagne le monsieur jusqu'au table. –
- Oui… se vuole seguirmi, signore… –
- Grazie. –
Attraversando la sala, diretti verso una saletta laterale, David si guardò intorno. Era un bel posto, raffinato ed elegante, e la gente che, seduta ai tavoli, conversava in tono sommesso, faceva indubbiamente parte dell’alta borghesia.
“E bravo Alex, stai cercando di fare colpo?” pensò, divertito. Poi si ricompose, erano arrivati.
- Merci beacoup, François. –
- De rien, Monsieur, – gli rispose il cameriere, per poi allontanarsi di qualche passo, mentre David, con un sorrisetto dei suoi, prendeva posto di fronte ad Alex. – Ciao. -
- Buona sera. –
Alex fece un semplice gesto con la mano ed il cameriere appoggiò due menù sul tavolo.
- Direi di ordinare, ragiono meglio a stomaco pieno. –
- Perché, i tuoi programmi per la serata richiedono forse un ampio dispendio di energie mentali? – s’informò immediatamente David, soave. L’espressione che aveva sul volto era quasi angelica.
Alex rialzò la testa dal menù per guardarlo. - Energie mentali no, ma fisiche sì, e per il genere di esercizi fisici che ho intenzione di fare, mi serve anche una buona dose di mente lucida… - gli fece, prima di tornare a leggere.
- Non so se cominciare ad essere preoccupato o cosa… comunque, sì, grazie, il viaggio è andato bene. – Stava cominciando a far fatica a mantenere un’aria compunta, perciò infilò il naso tra i fogli del menù, decidendo rapidamente cosa voleva mangiare.
Alex fece finta di niente, e diede la sua ordinazione al cameriere quando il ragazzo tornò al loro tavolo. Una volta che se ne fu andato, finalmente si concesse di guardare David, sorridendo. - Vedi, ordinazioni prese… ora possiamo dedicarci interamente a noi. Era così difficile comprenderlo? –
- No. Il fatto è che detesto quando non mi si presta attenzione. –
David mise i gomiti sul tavolo, un gesto poco fine, assolutamente da non fare in un ristorante di quel tipo, e unì le dita sotto il mento. – Bel posto, discreto… quasi romantico, oserei dire. Non starai mica cercando di dirmi qualcosa? -
Alex si appoggiò più comodamente allo schienale della sedia, deciso ad ignorare l’ultimo commento.
- Ogni volta che ci vediamo, scopro qualcosa di nuovo sul tuo conto. Non ti piace essere ignorato, bene, ti dedicherò tutta la mia attenzione da questo momento in avanti. In fin dei conti, posso capirti, sai? Quando qualcuno sta con me, è normale che voglia la mia attenzione, difficile resistere al mio fascino ed al mio carisma. –
- …Infatti, mi trattengo a stento dallo strapparmi i capelli, non vedi? -
Scuotendo la testa, Alex disse - La faccio finita con le stronzate. Com’è andato il viaggio? –
- Tutto bene, grazie. Anche se ho dovuto fare le corse per riuscire a prendere l’aereo… - David si tirò distrattamente una ciocca di capelli, spingendosela dietro l’orecchio, poi riprese a parlare, - più che altro, non mi sono portato dietro praticamente niente. Un po’ non ho fatto in tempo, un po’ non sapevo per quanto fosse esteso il tuo invito. -
- Il mio invito è esteso per tutto il tempo che vuoi, ho intenzione di restare a Parigi abbastanza a lungo. Comunque, credo che i soldi per comprarti degli abiti non ti manchino… e potrei anche pensare di legarti nella mia doccia… certe esperienze fa sempre bene rifarle. –
- E io che pensavo t’interessasse il mio cervello… invece mi vuoi solo per il mio cazzo. Vorrà dire che dovrò farmene un ragione, – ridacchiò David di rimando, prima di annuire. – Vedremo. Intrattienimi e potrei rimanere sul serio. L’importante è che abbia sempre qualcosa da fare. –
Allungò una mano, accarezzando il bordo del calice da champagne posato di fronte al suo piatto. – Mi annoio facilmente. -
- Tesoro, deciditi. Ti lamenti se parlo di energie mentali, ti lamenti se voglio il tuo cazzo… e se volessi entrambi? –
- La vuoi sapere una cosa? Secondo me, tu mi stai corteggiando, cherié. –
- Tutto è possibile, comunque non mi sembra che la cosa ti dispiaccia, anzi, ho come l’impressione che il tuo ego ne sia gratificato. -
Alex prese in mano il suo calice e se lo portò alle labbra, leccandone il bordo con la lingua senza mai smettere di fissare David; poi ne bevve un sorso.
- Non ti annoierai… -
- Se lo dici tu… -
Una cosa era certa, nonostante il tono, David sembrava divertirsi un mondo. Sollevando gli occhi al soffitto, si spostò sulla sedia, le gambe allungate sotto il tavolo. Poi gli venne un’idea, un’altra delle sue, e dovette mordersi l’interno della guancia per non mettersi a ridere.
Al vederlo, Alex iniziò a tamburellare con le dita sul tavolo. - David, cosa ti sta passando per la testa? –
Non lo conosceva da molto, ma la sua espressione era quella di qualcuno colto in fragrante a pensare a cose che non dovrebbe.
- Niente. – David si mosse di nuovo, allungandosi ancora di più sulla sedia. Di fronte a lui, Alex si passò distrattamente una mano sul collo. Stava per dire qualcosa, ma fu interrotto dall’arrivo del cameriere con la loro cena.
Proprio quello che David stava aspettando.
Mentre il giovane posava loro di fronte i piatti, sollevò la gamba destra, e iniziò a far scivolare la caviglia contro quella di Alex. Poi salì, lentamente, verso l’alto.
Alex restò impassibile, era curioso di vedere fino a che punto si sarebbe spinto David, anche se ormai sapeva che da lui poteva aspettarsi di tutto.
E infatti, David aveva ogni intenzione di andare fino in fondo, come sempre. Continuò quello che stava facendo, fino a quando non arrivò a posare il piede in mezzo alle gambe di Alex. Nel frattempo, aveva trattenuto il cameriere con una scusa. Lì lo voleva, e lì sarebbe rimasto.
Istintivamente, Alex cercò di tirarsi indietro sulla sedia, ma non aveva vie di fuga. L’unica cosa che avrebbe potuto fare per sottrarsi a David era alzarsi… eppure non lo fece. Si limitò a puntare i suoi occhi in quelli dell’altro, in essi c’era una muta domanda… dove accidenti voleva andare a parare quel pazzo?
- C’è qualche problema, Alex? – David lo fissava di rimando, sfidandolo a parlare, ad alzarsi, a fare qualsiasi cosa.
Alex restò immobile, invece, tornando a tamburellare con le dita sul tavolo. Poi sfoderò il suo miglior sorriso, condito di tutto l’autocontrollo che possedeva.
- Assolutamente no, David. Tutto a posto, direi. –
- Bene, – rispose l’altro, poi spinse il piede in avanti, con decisione, premendo contro il sesso di Alex. Il suo scopo era palese, eppure continuava a parlare in tutta tranquillità con il cameriere, apparentemente interessato a scoprire se ci fosse nei dintorni un posto carino dove concludere la serata.
La mano di Alex era l’unica cosa che poteva far capire che c’era qualcosa che non andava. Le dita smisero di tamburellare e si contrassero, fino a stringersi in un pugno. Lo batté leggermente sul tavolo, cercando ancora di restare calmo, nonostante sentisse l’eccitazione prendere possesso del suo corpo.
- David, - disse alla fine, – perché non lasci andare il ragazzo? La cena si fredda. –
- Oh… è vero. Non ci avevo pensato, che sbadato. – Il sorriso che gli rivolse colava miele, ma quando si girò verso il cameriere, sembrava sinceramente dispiaciuto. Si scusò per avergli fatto perdere tempo, poi lo congedò, senza smettere di tormentare Alex per un solo istante.
Quando il cameriere fu ben lontano, Alex tornò a fissare David. - Ti stai divertendo, vero? –
- Molto. Tu no? -
Alex sentiva il piede di David continuare a muoversi contro la sua eccitazione, per evitare di urlare si morse un labbro, il suo autocontrollo stava venendo meno.
- Moltissimo… - l’ironia nella sua voce era palese.
- Dai, mi fai sentire come un bimbo cattivo… - David si passò la lingua sulle labbra. – Vuoi che smetta? -
- Voglio andare in bagno, aprire i pantaloni e ficcarti il mio cazzo in gola… ma, per ora, posso anche accontentarmi… -
La voce di Alex era poco più di un sussurro. Aveva paura di non riuscire a trattenere un gemito di piacere, se solo avesse osato alzare il tono.
- Magari te lo lascio fare più tardi. O domani. Tanto non c’è mica fretta. –
Mentre parlava, David aveva incominciato a mangiare e, come sempre, i suoi gesti erano leggeri, misurati. Era difficile capire se tutta la calma che ostentava fosse frutto di una rigida autodisciplina, oppure se fosse davvero un talento innato.
- Anzi, ora smetto sul serio… altrimenti ti strangoli da solo, e mi spiacerebbe se mi andasse a monte la serata, dopo tutta la fatica che ho fatto per arrivare in tempo. Anche se sei carino così, un po’ di colore sulle guance ti dona. -
Mai, prima di quel momento Alex, era stato così combattuto tra la voglia di raggiungere l’orgasmo e quel senso di pudore che lo contraddistingueva in certi momenti. Sapeva di essere la persona meno pudica al mondo, ma c’era un limite a tutto.
A fatica, deglutì. – Ecco, bravo, smettila… se non sbaglio, già una volta ti ho detto che non voglio finire in carcere per aver commesso atti osceni in luogo pubblico… -
- Ma guardalo come si preoccupa… - David prese un bicchiere tra le dita, lo sollevò per rimirarne il contenuto e poi ne bevve un piccolo sorso. – Buono. Te ne intendi di vini… -
Di colpo, abbassò la voce e si piegò in avanti. I suoi occhi brillavano. - E se adesso m’infilassi sotto il tavolo? Che faresti? Mi lasceresti tutto fare quello che voglio, o mi faresti smettere? E… come? -
Alex scosse la testa, scoppiando in una fragorosa risata.
- Pensa pure che io ti stia corteggiando, David, ma ammetto che peccherei se dovessi dire di aver già conosciuto uno come te! –
Anche lui appoggiò le braccia sul tavolo e si piegò un poco in avanti per rispondere. - Grandissimo bastardo, lo sai che, al punto in cui sono, non potrei far altro che lasciarti fare quello che vuoi… -
- Non ci credo… sei già eccitato per così poco? Di un po’, da quant’è che non lo fai? Da quando sei uscito da casa mia, magari? -
Una scintilla, veloce, scattante, ma pura come fuoco ardente passò negli occhi di Alex.
Con la calma tipica che lo contraddistingueva, tirò indietro la sedia ed un sorriso leggero comparve sulle sue labbra quando sentì il piede di David abbandonare il suo sesso.
- Esatto, David, non lo faccio da quando sono uscito da casa tua. Come vedi, io ammetto i fatti così come sono, al contrario tuo… ora fammi il favore di mangiare, evitando di dire altre cazzate. Ogni minuto che passa mi sto rendendo sempre di più conto che la tua bocca non è fatta per parlare, ma per qualcos’altro. –
- Questo me lo dicono in molti. –
Finalmente, David si rimise a sedere composto, ma non aveva nessuna intenzione di lasciar andare la preda. Aveva affondato i denti nella carne, ed era ben deciso a raggiungere l’osso. Si passò una mano tra i capelli chiari, poi riportò lo sguardo su Alex.
– Ti devo piacere proprio tanto, se, quando non ci sono, ti dai alla castità. Lusingato. Sappi però che non posso ricambiare il favore. Ho difficoltà a portare avanti una sola relazione per volta. Preferisco averne in piedi due o tre. E’ più… interessante. -
Alex scosse la testa, poi con gesti misurati iniziò a tagliare la carne nel suo piatto e ne mangiò un boccone. Bevve un sorso di vino, poi si decise a parlare.
- Stai tranquillo, tesoro, non sono geloso. –
- Sicuro? –
Parlando, Alex continuava a tagliare, mai, nemmeno per un attimo, rialzò il viso dal piatto. Troppi demoni si agitavano nel suo animo, e non era il caso che David ne venisse a conoscenza in quel momento.
Ciononostante, David si rese conto lo stesso che c’era qualcosa di stonato. Per un attimo, si chiese se non dovesse menzionare il fatto che, comunque, non aveva in piedi niente con nessuno, almeno al momento, ma poi decise di lasciar perdere. Discorsi pericolosi potevano portare su strade sbagliate, e lui era lì per un motivo ben preciso, non per giocare ai fidanzatini.
- Sbrighiamoci. Voglio tornare a casa tua. Sembrava carina -
- Io sto mangiando. Sei tu che non sei ancora stato zitto un attimo. Tesoro. – Ironico e pungente, Alex aveva ritrovato la padronanza di sé.
- Oh, siamo di cattivo umore, tesoro? – gli chiese David, calcando anche lui la voce sull’appellativo. – Ti ho solo spiegato come stanno le cose. Se non ti sta bene, allora la chiudiamo qui. Non che ci sia niente da chiudere, comunque. – E allora, perché il suo battito cardiaco era aumentato?
- Non sono l’unico ad essere permaloso, a quanto vedo. Comunque, come dici tu, visto che non c’è niente da chiudere, perché chiudere? –
- Mettevo solo i puntini sulle i, niente di più. Però ammetto che mi spiacerebbe. Scopi da favola, mon cher, mica facile trovarne un altro così… -
- E non ne troverai, mio caro. -
Alex finalmente alzò gli occhi per fissare quelli di David, nel suo piatto non c’era più nulla.
- Ora finisci di mangiare. Voglio uscire da qui, voglio portarti a casa, voglio scoparti, essere scopato; niente di più, niente di meno. Fammi passare il cattivo umore, David… -
- Ma io ho finito. Mangio sempre molto poco. – David sorrise, poi bevve un ultimo sorso di champagne e spostò la sedia di lato. – Andiamo? -
Senza parlare, Alex si alzò ed gli indicò l’uscita. Mentre passavano di fronte al bancone, sorrise ad un uomo, - segna sul mio conto, Vittorio. –
Uscì nella notte parigina senza aggiungere altro, consapevole della presenza di David dietro di sé.
- Di qui. –
Improvvisamente, si sentì prendere per un gomito, una stretta leggera, ma decisa. – Ho lasciato il tuo autista nella via a fianco. Mi sentivo un attimo osservato ad andare in giro con quell’affare… io ho gusti più discreti. –
Mentre parlava, David spingeva Alex verso un vicoletto buio, sul fianco del ristorante.
Alex inarcò un sopracciglio. - Certo che ne hai di fantasia, tu… non amo i vicoli bui, David. –
Il cameriere appoggiò davanti a lui un bicchiere di birra e, dopo che Alex lo ebbe ringraziato con un cenno del capo, se ne andò, lasciandolo solo. Bevve un sorso della bevanda ambrata prima di riportare lo sguardo sulle persone che camminavano sugli Champ Elysee.
Distrattamente, prese il cellulare dalla tasca della giacca e, premendo un paio di tasti, sul display apparve un numero, seguito da un nome: David. Erano passate più di due settimane dal “party” a Monaco, ed ancora non lo aveva chiamato.
“Due settimane,” pensò,
Schiacciò il tasto di chiamata, bene, il telefono squillava libero.
Dopo pochi secondi, si sentì un click sommesso, poi la voce calma di David filtrò attraverso l’apparecchio.
– Sì? -
- Buon giorno, Signor West, – rispose prontamente Alex.
- Alex. Ciao. –
Non c’era la minima sorpresa nel tono di David, né niente d’altro. Era come se si fossero sentiti solo la sera prima. – Che piacere. -
Alex sorrise e prese una sigaretta dal pacchetto sul tavolo. - Il piacere è tutto mio. Come stai? –
- Sto prendendo il sole in piscina, mentre aspetto che Franz mi porti da bere. Direi che sto benissimo. -
- Una vita molto impegnata, mio caro, mi raccomando di non stancarti troppo. -
- Faccio il possibile. E tu? -
Alex non riuscì a trattenere una risata alla riposta di David. – Io sto bene. -
- Buono. Allora, a cosa devo il piacere? Ti sei stufato di mangiare marmellata sul pane e vuoi provarla su qualcosa d’altro, o avevi solo nostalgia della mia voce? -
Alex alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. - Entrambe le cose, direi, anche se più della tua voce, ho nostalgia dei tuoi urli… -
Una risatina gli arrivò all’orecchio, – … ad averlo saputo, ti avrei inciso un bel nastro. -
- Sarebbe stata un’idea, peccato non averci pensato prima. –
Doveva chiederglielo? No? Era troppo? Sbuffò, cercando di riflettere, ma ancora non aveva ben deciso cosa fare; in fin dei conti non gli costava nulla parlare ancora un po’ con lui, poteva decidere nel frattempo.
Con un gesto chiamò il cameriere e pagò la birra, poi si alzò ed iniziò a camminare in mezzo alla gente.
– …Senti, David, hai qualcosa da fare nei prossimi giorni? – gli chiese alla fine. La decisione era stata presa in quel preciso momento. Se un solo aggettivo si doveva usare per definire Alex Davis, ‘impulsivo’ era quello giusto.
Chissà se David lo aveva capito.
- A parte prendere il sole anche sulla schiena, intendi? No, direi di no. Perché? -
- Perché ho un po’ di tempo libero… - ripose Alex, mentre si infilava in un vicolo poco affollato, – e pensavo che potresti raggiungermi. Devo assaggiare la marmellata… e tante altre cose… -
- Oh, yum…. non è male come proposta. Ma dove sei, esattamente? Di nuovo a Monaco? -
- No, sono a Parigi. –
Dall’altra parte ci fu un attimo di silenzio, poi David si mise a ridere – Fammi capire bene… vuoi che parta da Monaco per venire fino a Parigi a fare sesso con te? E’ questo che mi stai chiedendo? -
Alex rise a sua volta. - Detta così suona male, David, mi fai passare per un maniaco. Ti ricordo che io sono un bravo ragazzo, casto e puro… - e la sua risata aumentò di intensità, – però, sì, ti sto chiedendo esattamente questo. –
- Casto e puro… devo dire che lo nascondi bene, complimenti. – David fece una pausa, come se stesse valutando l’offerta. – E come mai, di grazia? Intendo dire… con tutti i corteggiatori che sicuramente ti girano intorno, perché vuoi proprio me? -
- Guarda che se tu parli di corteggiatori che sicuramente mi girano intorno, rischi che il mio ego cresca a dismisura… - Alex si sedette sua una panchina, lontano da tutto e da tutti, – comunque il problema dei miei mille amanti è che non urlano bene come te, non amano fare i giochini che piacciono a me… e non scopano come te! –
- Lo so che sono bravo… ascolta, dove sei? In questo momento, intendo. -
Alex scosse il capo rassegnato, messi insieme erano pronti per la fiera dell’ego. Di sicuro, per entrare nei Guinnes dei primati come ‘uomo più modesto della terra’ avrebbero dovuto combattere un’ardua battaglia.
- Sono in un vicolo dietro gli Champ Elysee. –
- Bene… allora facciamo così. Io vengo, se tu ora fai esattamente quello che ti dico, va bene? -
Alex si mise a ridere. - Mi potevi dire di essere Superman, tesoro. E come fai a sapere che farò tutto ciò che mi dirai? –
- Tu fidati. Allora, ci stai? -
- Va bene, ci sto. –
Silenzio. Quando la voce di David si fece sentire di nuovo, era di un’ottava più bassa del normale. – Mettiti la mano nei pantaloni. Come sto facendo io. -
Alex chiuse gli occhi, e quando li riaprì si guardò intorno. - David, sono per strada… -
- Hai detto che sei in un vicolo. Quanta gente vuoi che ci sia? Però, se proprio ci tieni, puoi trovarti un androne. Basta che fai alla svelta. – David fece una pausa, non era difficile immaginarlo sdraiato ai bordi della sua piscina, una mano infilata dentro il costume, a carezzarsi languidamente, mentre con l’altra reggeva il cellulare. – Io sono già… hmm… -
Alex girò lo sguardo da una parte all’altra del vicolo, poi vide quello che faceva al caso suo.
- Abbi un attimo di pazienza… - disse a David. Si alzò dalla panchina, dirigendosi verso l’uscio di un palazzo dal quale stava uscendo una donna.
Quando le fu di fronte, sfoderò il suo miglior sorriso, poi le tenne la porta aperta e, non appena la signora fu fuori, lui si infilò nel portone, sorridendole e biascicando un veloce: - Bonjour. –
Detto questo, si richiuse il portone alle spalle. Di fronte a lui una rampa di scale saliva agli appartamenti, mentre, vicino ad esse, un piccolo corridoio conduceva nel sottoscala. Si appoggiò al muro e riprese il telefono dalla tasca della giacca.
- Fatto… - mormorò.
- Bravo… ora apriti i pantaloni e infilaci dentro una mano. Toccati . E mentre lo fai, fai finta che sia io… che sia già lì e che ti stia toccando, come l’altra volta nella doccia… riesci a sentirmi, Alex? Senti le mie dita attorno al tuo cazzo, come lo stringono… piano, senza muoversi, non ancora…? -
Alex deglutì, sentiva già l’eccitazione aumentare, gli bastava il semplice suono della voce di David per perdere la ragione… che gli stava succedendo?
Fece quello che l’altro gli aveva detto, ed un debole gemito gli sfuggì dalle labbra quando la sua mano toccò il sesso caldo.
- Sì, ti sento… - mormorò.
- Anch’io… perché anche tu mi stai toccando… ho le tue mani tra le cosce, sui fianchi… dappertutto, tranne dove vorrei… mi stuzzichi, mente io sto muovendo la mano. Piano, ma lo sto facendo… oh, Alex… toccami… -
Alex appoggiò la testa contro il muro. - Sì, ti sto toccando David… senti la mia mano, ora… sentila mentre si stringe intorno al tuo cazzo… senti la mia lingua che ti lecca il collo… le spalle… senti quello che sento io… ah, le tue mani, David… -
- Oh sì… proprio così… muovila, Alex… muovila, e apri le gambe per me… voglio scivolarti dentro, cercare quel punto particolare, sfiorarlo una, due volte, come piace a te… perché ti piace, vero? Ti piace, ti piaccio, e mi vuoi… mi vuoi, tanto da farmi venire fino a Parigi, solo perché possa sbatterti sul letto e scoparti, fino a quando non ti è rimasta più una goccia di energia… non è così? –
Il respiro di David arrivava rapido contro l’orecchio di Alex, proprio come se si trovasse lì, e non a chilometri di distanza.
- Sì, mi piace… mi piace essere scopato da te, così come a te piace essere scopato da me… mentre le mie mani ti accarezzano… - rispose, aumentando il ritmo della sua mano, il respiro più affannato, gli occhi chiusi, – voglio che tu venga a Parigi, David, voglio scoparti, voglio essere scopato da te… ahh… -
- Lo farò… lo sto facendo… non mi senti? Non… - un gemito lo interruppe, e quando riprese, la sua voce era impaziente, febbrile, - non mi senti, mentre vado avanti e indietro, sempre più veloce? Mentre ti tocco, ormai ho trovato il punto preciso… Alex, Alex… ci sono… quasi… -
Alex non riuscì più a trattenere i gemiti, e la sua mano si muoveva più forte. - Oh sì, cazzo… ti sento David… più… più forte… ti prego… - mormorò, mentre davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini di loro due nella doccia… delle mani di David su di lui…
- Più forte, sì… così… - Poteva essere una domanda o un’affermazione, non era chiaro. – Cazzo, Alex, sì… - David emise un suono soffocato, segno che aveva raggiunto l’orgasmo.
- David…! -
Alex non riuscì a dire nient’altro, mentre a sua volta raggiungeva l’apice del piacere.
Cercò poi di riprendere fiato, quel tanto che gli bastava per mormorare: - Ora alza il culo e prendi un fottutissimo volo per Parigi! –
- Come posso resistere ad una richiesta fatta in modo tanto gentile? – Lentamente, anche la voce di David stava tornando normale. Ridacchiò. – Va bene. Vengo. Ma solo perché voglio farlo sul serio. Il sesso telefonico non mi basta. –
- Sei veramente difficile, sai… non ti basta mai niente… - Alex sorrise, effettivamente, nemmeno a lui quella telefonata era bastata.
Dall’altra parte, David fece una pausa, probabilmente per raccogliere le idee. – Devo dare un’occhiata ai voli. Credo di poter essere lì per stasera. Però ti tocca darmi il tuo numero adesso… e l’indirizzo di… cosa? Albergo? O hai una casa anche lì? –
- Anche qui, sembra che io abbia case in tutto il mondo. Comunque sì, prendi carta e penna che ti do l’indirizzo. – Glielo dettò e, quando ebbe finito aggiunse, - vicino alla Senna c’è un ristorante italiano molto carino; quando arrivi fatti una doccia, cambiati e raggiungimi lì. Ti lascio l’autista. –
- Ma che carino che sei, grazie… -
Un suono arrivò all’orecchio di Alex, molle che cigolavano, come se David si fosse alzato dal lettino su cui era rimasto sdraiato finora. – Se ci sono dei problemi, ti richiamo. Se invece non mi senti, vuol dire che per stasera sono seduto in quel ristorante. -
- Perfetto… a stasera, David. –
- A stasera… ah… un’ultima cosa… -
- Cosa? -
- E’ una cosa che devi fare per me… non portare biancheria. Ti voglio con solo i vestiti, niente sotto. E io farò altrettanto. D’accordo? -
Alex scosse la testa, sorridendo. - Nessun problema… - rispose, poi chiuse la comunicazione.
Cercò di darsi una sistemata, dopodiché, come se nulla fosse successo, uscì dal portone per avviarsi verso casa.
A chilometri di distanza, David sorrideva.
*****
Comodamente seduto ad un tavolo, Alex si divertiva ad osservare, attraverso la grande vetrata del locale, le persone che camminavano lente lungo la Senna.
Ogni volta che si trovava a Parigi, per lui quel ristorante era una tappa fissa, era un amante della buona cucina, ed aveva una vera e propria passione per quella italiana.
Si trovò a sorridere tra sé quando si rese conto che la maggior parte delle persone che passeggiavano a quell’ora erano per lo più coppie di innamorati, ma, lo sapeva bene, Parigi era la città dell’amore… lì tutto era permesso.
Con un gesto distratto guardò l’orologio; segnava le ventuno. Non sapeva a che ora fosse arrivato l’aereo di David, né tanto meno se fosse già effettivamente arrivato, però, presto o tardi, sarebbe stato lì. Magari non per lui, però da quel poco che lo conosceva, immaginava che l’altro avrebbe fatto carte false pur di vedere se avesse mantenuto la parola data.
In quello stesso momento, mentre Alex sollevava il braccio per controllare l’ora, David entrava nel ristorante. Sfoderò il suo miglior sorriso e chiese al maitre se il signor Davis fosse già al loro tavolo.
Dopo aver controllato, l’uomo annuì, facendo, nel contempo, cenno ad uno dei camerieri.
- François? Accompagne le monsieur jusqu'au table. –
- Oui… se vuole seguirmi, signore… –
- Grazie. –
Attraversando la sala, diretti verso una saletta laterale, David si guardò intorno. Era un bel posto, raffinato ed elegante, e la gente che, seduta ai tavoli, conversava in tono sommesso, faceva indubbiamente parte dell’alta borghesia.
“E bravo Alex, stai cercando di fare colpo?” pensò, divertito. Poi si ricompose, erano arrivati.
- Merci beacoup, François. –
- De rien, Monsieur, – gli rispose il cameriere, per poi allontanarsi di qualche passo, mentre David, con un sorrisetto dei suoi, prendeva posto di fronte ad Alex. – Ciao. -
- Buona sera. –
Alex fece un semplice gesto con la mano ed il cameriere appoggiò due menù sul tavolo.
- Direi di ordinare, ragiono meglio a stomaco pieno. –
- Perché, i tuoi programmi per la serata richiedono forse un ampio dispendio di energie mentali? – s’informò immediatamente David, soave. L’espressione che aveva sul volto era quasi angelica.
Alex rialzò la testa dal menù per guardarlo. - Energie mentali no, ma fisiche sì, e per il genere di esercizi fisici che ho intenzione di fare, mi serve anche una buona dose di mente lucida… - gli fece, prima di tornare a leggere.
- Non so se cominciare ad essere preoccupato o cosa… comunque, sì, grazie, il viaggio è andato bene. – Stava cominciando a far fatica a mantenere un’aria compunta, perciò infilò il naso tra i fogli del menù, decidendo rapidamente cosa voleva mangiare.
Alex fece finta di niente, e diede la sua ordinazione al cameriere quando il ragazzo tornò al loro tavolo. Una volta che se ne fu andato, finalmente si concesse di guardare David, sorridendo. - Vedi, ordinazioni prese… ora possiamo dedicarci interamente a noi. Era così difficile comprenderlo? –
- No. Il fatto è che detesto quando non mi si presta attenzione. –
David mise i gomiti sul tavolo, un gesto poco fine, assolutamente da non fare in un ristorante di quel tipo, e unì le dita sotto il mento. – Bel posto, discreto… quasi romantico, oserei dire. Non starai mica cercando di dirmi qualcosa? -
Alex si appoggiò più comodamente allo schienale della sedia, deciso ad ignorare l’ultimo commento.
- Ogni volta che ci vediamo, scopro qualcosa di nuovo sul tuo conto. Non ti piace essere ignorato, bene, ti dedicherò tutta la mia attenzione da questo momento in avanti. In fin dei conti, posso capirti, sai? Quando qualcuno sta con me, è normale che voglia la mia attenzione, difficile resistere al mio fascino ed al mio carisma. –
- …Infatti, mi trattengo a stento dallo strapparmi i capelli, non vedi? -
Scuotendo la testa, Alex disse - La faccio finita con le stronzate. Com’è andato il viaggio? –
- Tutto bene, grazie. Anche se ho dovuto fare le corse per riuscire a prendere l’aereo… - David si tirò distrattamente una ciocca di capelli, spingendosela dietro l’orecchio, poi riprese a parlare, - più che altro, non mi sono portato dietro praticamente niente. Un po’ non ho fatto in tempo, un po’ non sapevo per quanto fosse esteso il tuo invito. -
- Il mio invito è esteso per tutto il tempo che vuoi, ho intenzione di restare a Parigi abbastanza a lungo. Comunque, credo che i soldi per comprarti degli abiti non ti manchino… e potrei anche pensare di legarti nella mia doccia… certe esperienze fa sempre bene rifarle. –
- E io che pensavo t’interessasse il mio cervello… invece mi vuoi solo per il mio cazzo. Vorrà dire che dovrò farmene un ragione, – ridacchiò David di rimando, prima di annuire. – Vedremo. Intrattienimi e potrei rimanere sul serio. L’importante è che abbia sempre qualcosa da fare. –
Allungò una mano, accarezzando il bordo del calice da champagne posato di fronte al suo piatto. – Mi annoio facilmente. -
- Tesoro, deciditi. Ti lamenti se parlo di energie mentali, ti lamenti se voglio il tuo cazzo… e se volessi entrambi? –
- La vuoi sapere una cosa? Secondo me, tu mi stai corteggiando, cherié. –
- Tutto è possibile, comunque non mi sembra che la cosa ti dispiaccia, anzi, ho come l’impressione che il tuo ego ne sia gratificato. -
Alex prese in mano il suo calice e se lo portò alle labbra, leccandone il bordo con la lingua senza mai smettere di fissare David; poi ne bevve un sorso.
- Non ti annoierai… -
- Se lo dici tu… -
Una cosa era certa, nonostante il tono, David sembrava divertirsi un mondo. Sollevando gli occhi al soffitto, si spostò sulla sedia, le gambe allungate sotto il tavolo. Poi gli venne un’idea, un’altra delle sue, e dovette mordersi l’interno della guancia per non mettersi a ridere.
Al vederlo, Alex iniziò a tamburellare con le dita sul tavolo. - David, cosa ti sta passando per la testa? –
Non lo conosceva da molto, ma la sua espressione era quella di qualcuno colto in fragrante a pensare a cose che non dovrebbe.
- Niente. – David si mosse di nuovo, allungandosi ancora di più sulla sedia. Di fronte a lui, Alex si passò distrattamente una mano sul collo. Stava per dire qualcosa, ma fu interrotto dall’arrivo del cameriere con la loro cena.
Proprio quello che David stava aspettando.
Mentre il giovane posava loro di fronte i piatti, sollevò la gamba destra, e iniziò a far scivolare la caviglia contro quella di Alex. Poi salì, lentamente, verso l’alto.
Alex restò impassibile, era curioso di vedere fino a che punto si sarebbe spinto David, anche se ormai sapeva che da lui poteva aspettarsi di tutto.
E infatti, David aveva ogni intenzione di andare fino in fondo, come sempre. Continuò quello che stava facendo, fino a quando non arrivò a posare il piede in mezzo alle gambe di Alex. Nel frattempo, aveva trattenuto il cameriere con una scusa. Lì lo voleva, e lì sarebbe rimasto.
Istintivamente, Alex cercò di tirarsi indietro sulla sedia, ma non aveva vie di fuga. L’unica cosa che avrebbe potuto fare per sottrarsi a David era alzarsi… eppure non lo fece. Si limitò a puntare i suoi occhi in quelli dell’altro, in essi c’era una muta domanda… dove accidenti voleva andare a parare quel pazzo?
- C’è qualche problema, Alex? – David lo fissava di rimando, sfidandolo a parlare, ad alzarsi, a fare qualsiasi cosa.
Alex restò immobile, invece, tornando a tamburellare con le dita sul tavolo. Poi sfoderò il suo miglior sorriso, condito di tutto l’autocontrollo che possedeva.
- Assolutamente no, David. Tutto a posto, direi. –
- Bene, – rispose l’altro, poi spinse il piede in avanti, con decisione, premendo contro il sesso di Alex. Il suo scopo era palese, eppure continuava a parlare in tutta tranquillità con il cameriere, apparentemente interessato a scoprire se ci fosse nei dintorni un posto carino dove concludere la serata.
La mano di Alex era l’unica cosa che poteva far capire che c’era qualcosa che non andava. Le dita smisero di tamburellare e si contrassero, fino a stringersi in un pugno. Lo batté leggermente sul tavolo, cercando ancora di restare calmo, nonostante sentisse l’eccitazione prendere possesso del suo corpo.
- David, - disse alla fine, – perché non lasci andare il ragazzo? La cena si fredda. –
- Oh… è vero. Non ci avevo pensato, che sbadato. – Il sorriso che gli rivolse colava miele, ma quando si girò verso il cameriere, sembrava sinceramente dispiaciuto. Si scusò per avergli fatto perdere tempo, poi lo congedò, senza smettere di tormentare Alex per un solo istante.
Quando il cameriere fu ben lontano, Alex tornò a fissare David. - Ti stai divertendo, vero? –
- Molto. Tu no? -
Alex sentiva il piede di David continuare a muoversi contro la sua eccitazione, per evitare di urlare si morse un labbro, il suo autocontrollo stava venendo meno.
- Moltissimo… - l’ironia nella sua voce era palese.
- Dai, mi fai sentire come un bimbo cattivo… - David si passò la lingua sulle labbra. – Vuoi che smetta? -
- Voglio andare in bagno, aprire i pantaloni e ficcarti il mio cazzo in gola… ma, per ora, posso anche accontentarmi… -
La voce di Alex era poco più di un sussurro. Aveva paura di non riuscire a trattenere un gemito di piacere, se solo avesse osato alzare il tono.
- Magari te lo lascio fare più tardi. O domani. Tanto non c’è mica fretta. –
Mentre parlava, David aveva incominciato a mangiare e, come sempre, i suoi gesti erano leggeri, misurati. Era difficile capire se tutta la calma che ostentava fosse frutto di una rigida autodisciplina, oppure se fosse davvero un talento innato.
- Anzi, ora smetto sul serio… altrimenti ti strangoli da solo, e mi spiacerebbe se mi andasse a monte la serata, dopo tutta la fatica che ho fatto per arrivare in tempo. Anche se sei carino così, un po’ di colore sulle guance ti dona. -
Mai, prima di quel momento Alex, era stato così combattuto tra la voglia di raggiungere l’orgasmo e quel senso di pudore che lo contraddistingueva in certi momenti. Sapeva di essere la persona meno pudica al mondo, ma c’era un limite a tutto.
A fatica, deglutì. – Ecco, bravo, smettila… se non sbaglio, già una volta ti ho detto che non voglio finire in carcere per aver commesso atti osceni in luogo pubblico… -
- Ma guardalo come si preoccupa… - David prese un bicchiere tra le dita, lo sollevò per rimirarne il contenuto e poi ne bevve un piccolo sorso. – Buono. Te ne intendi di vini… -
Di colpo, abbassò la voce e si piegò in avanti. I suoi occhi brillavano. - E se adesso m’infilassi sotto il tavolo? Che faresti? Mi lasceresti tutto fare quello che voglio, o mi faresti smettere? E… come? -
Alex scosse la testa, scoppiando in una fragorosa risata.
- Pensa pure che io ti stia corteggiando, David, ma ammetto che peccherei se dovessi dire di aver già conosciuto uno come te! –
Anche lui appoggiò le braccia sul tavolo e si piegò un poco in avanti per rispondere. - Grandissimo bastardo, lo sai che, al punto in cui sono, non potrei far altro che lasciarti fare quello che vuoi… -
- Non ci credo… sei già eccitato per così poco? Di un po’, da quant’è che non lo fai? Da quando sei uscito da casa mia, magari? -
Una scintilla, veloce, scattante, ma pura come fuoco ardente passò negli occhi di Alex.
Con la calma tipica che lo contraddistingueva, tirò indietro la sedia ed un sorriso leggero comparve sulle sue labbra quando sentì il piede di David abbandonare il suo sesso.
- Esatto, David, non lo faccio da quando sono uscito da casa tua. Come vedi, io ammetto i fatti così come sono, al contrario tuo… ora fammi il favore di mangiare, evitando di dire altre cazzate. Ogni minuto che passa mi sto rendendo sempre di più conto che la tua bocca non è fatta per parlare, ma per qualcos’altro. –
- Questo me lo dicono in molti. –
Finalmente, David si rimise a sedere composto, ma non aveva nessuna intenzione di lasciar andare la preda. Aveva affondato i denti nella carne, ed era ben deciso a raggiungere l’osso. Si passò una mano tra i capelli chiari, poi riportò lo sguardo su Alex.
– Ti devo piacere proprio tanto, se, quando non ci sono, ti dai alla castità. Lusingato. Sappi però che non posso ricambiare il favore. Ho difficoltà a portare avanti una sola relazione per volta. Preferisco averne in piedi due o tre. E’ più… interessante. -
Alex scosse la testa, poi con gesti misurati iniziò a tagliare la carne nel suo piatto e ne mangiò un boccone. Bevve un sorso di vino, poi si decise a parlare.
- Stai tranquillo, tesoro, non sono geloso. –
- Sicuro? –
Parlando, Alex continuava a tagliare, mai, nemmeno per un attimo, rialzò il viso dal piatto. Troppi demoni si agitavano nel suo animo, e non era il caso che David ne venisse a conoscenza in quel momento.
Ciononostante, David si rese conto lo stesso che c’era qualcosa di stonato. Per un attimo, si chiese se non dovesse menzionare il fatto che, comunque, non aveva in piedi niente con nessuno, almeno al momento, ma poi decise di lasciar perdere. Discorsi pericolosi potevano portare su strade sbagliate, e lui era lì per un motivo ben preciso, non per giocare ai fidanzatini.
- Sbrighiamoci. Voglio tornare a casa tua. Sembrava carina -
- Io sto mangiando. Sei tu che non sei ancora stato zitto un attimo. Tesoro. – Ironico e pungente, Alex aveva ritrovato la padronanza di sé.
- Oh, siamo di cattivo umore, tesoro? – gli chiese David, calcando anche lui la voce sull’appellativo. – Ti ho solo spiegato come stanno le cose. Se non ti sta bene, allora la chiudiamo qui. Non che ci sia niente da chiudere, comunque. – E allora, perché il suo battito cardiaco era aumentato?
- Non sono l’unico ad essere permaloso, a quanto vedo. Comunque, come dici tu, visto che non c’è niente da chiudere, perché chiudere? –
- Mettevo solo i puntini sulle i, niente di più. Però ammetto che mi spiacerebbe. Scopi da favola, mon cher, mica facile trovarne un altro così… -
- E non ne troverai, mio caro. -
Alex finalmente alzò gli occhi per fissare quelli di David, nel suo piatto non c’era più nulla.
- Ora finisci di mangiare. Voglio uscire da qui, voglio portarti a casa, voglio scoparti, essere scopato; niente di più, niente di meno. Fammi passare il cattivo umore, David… -
- Ma io ho finito. Mangio sempre molto poco. – David sorrise, poi bevve un ultimo sorso di champagne e spostò la sedia di lato. – Andiamo? -
Senza parlare, Alex si alzò ed gli indicò l’uscita. Mentre passavano di fronte al bancone, sorrise ad un uomo, - segna sul mio conto, Vittorio. –
Uscì nella notte parigina senza aggiungere altro, consapevole della presenza di David dietro di sé.
- Di qui. –
Improvvisamente, si sentì prendere per un gomito, una stretta leggera, ma decisa. – Ho lasciato il tuo autista nella via a fianco. Mi sentivo un attimo osservato ad andare in giro con quell’affare… io ho gusti più discreti. –
Mentre parlava, David spingeva Alex verso un vicoletto buio, sul fianco del ristorante.
Alex inarcò un sopracciglio. - Certo che ne hai di fantasia, tu… non amo i vicoli bui, David. –