Post by babyara on Oct 2, 2006 20:27:40 GMT 1
Nel bar aleggiava la solita puzza di fumo e fritto, ma lui non ci faceva più caso da tempo. Erano diventati odori familiari, legati alla sua schifosa vita in quello schifoso paese.
Con un gesto di rabbia prese in mano la bottiglia di birra e se la portò alla bocca bevendone un lungo sorso. Il liquido ambrato gli diede per un attimo una sensazione di calore, subito spazzata via dal ghigno dell’uomo che si era avvicinato al suo tavolo.
- Il capo vuole vederti, seguimi. - Gli disse con voce fredda.
Si alzò dalla sedia barcollando e lo seguì.
Uscirono dal bar e percorsero, in macchina, molti chilometri, nel silenzio più totale… lui odiava il silenzio, lo costringeva a pensare, a riflettere, a ricordare ogni momento della sua discesa all’inferno.
Erano passati dieci anni da quando era arrivato in Colombia, pieno di sogni, di speranze, che solo un ventenne può avere. Lui e la sua stupida voglia di cambiare il mondo, di aiutare chi poteva averne bisogno.
Ricordava ancora con amarezza e rabbia la prima volta che era stato avvicinato da Marcus, un uomo dall’aspetto gentile e dal fascino irresistibile, ma che nascondeva l’anima di un demonio.
Lui voleva solo aiutare gli altri e si era trovato costretto, spoglio di tutto ciò che aveva, a battere un marciapiede. A vendere il suo corpo a uomini che amavano andare in Colombia solo per trovare una buona scopata. Un giovane di buona famiglia e di bell’aspetto costretto a fare tutto ciò che le loro perversioni gli suggerivano.
La brusca frenata lo riportò alla realtà.
Si trovavano in una zona periferica, colma di baracche fatiscenti. L’uomo al volante scese e lui lo seguì verso una vecchia catapecchia, che pareva voler crollare da un
momento all’altro.
Dentro la situazione non era migliore, bastava girare lo sguardo per vedere le uniche due stanze, e lui era lì, seduto al tavolo della cucina, impeccabile come al solito, nel suo abito scuro.
Gli fece cenno di avvicinarsi e, come sempre, lui obbedì.
- Ewan carissimo ho bisogno del tuo aiuto, l’aiuto di un maestro. -
Ad Ewan non sfuggì lo strano luccichio nei suoi occhi, ormai aveva imparato a conoscerlo bene.
“Non un altro…” pensò chiudendo per un solo attimo gli occhi chiari.
- Vieni con me, voglio mostrarti qualcosa… -
Marcus si alzò e lo precedette per il corridoio che conduceva all’altra stanza della casa, aprì la porta e lo fece entrare. Ewan osservò il ragazzo seduto sul letto, gli occhi pieni di paura e di rabbia, mani e piedi legati, abiti sgualciti.
- Da dove viene? – chiese rivolto a Marcus.
- E’ un canadese… Hayden qualcosa… - gli disse porgendogli il passaporto. Riuscì a guardare solo una volta ancora il ragazzo che già Marcus lo stava facendo uscire dalla stanza per ricondurlo nella piccola cucina. Si accomodò e fece segno anche a lui di sedersi.
- Ti do quindici giorni di tempo per ammaestrarlo Ewan, voglio che gli insegni il mestiere. Quel ragazzino è una piccola bestiola selvatica, ha morso Richard prima… -
Ewan trattenne a stento una risata, Richard era l’uomo che lo aveva accompagnato lì, il primo con cui era andato a letto… lo aveva scopato a lungo, con violenza, facendo piangere ad Ewan le sue prime, ed ultime, lacrime in Colombia. Lo odiava, lo avrebbe ammazzato con le sue mani se avesse potuto, ma ormai cosa poteva fare? Scappare non sarebbe servito a nulla… le minacce di Marcus avevano sempre riscontri nella realtà. Uno solo di loro aveva provato a scappare, Julien, il suo unico vero amico, e Marcus lo aveva trovato, aveva violentato Julien davanti ai suoi genitori impotenti, ed alla fine li aveva ammazzati tutti.
Da quel giorno Ewan aveva capito quale era il suo scopo. Non lo aveva mai pensato, mai detto ad alta voce, ma sapevo che un giorno lo avrebbe fatto. Ed allora sarebbe stata la fine.
Chiuse gli occhi, poi li riaprì fissando quelli di Marcus.
- Ci proverò. – disse.
- No, non ci proverai Ewan, lo farai… o questa volta ti ammazzo come ho fatto con quel cane di Julien… -
Marcus guardò Richard e l’altra sua guardia e gli intimò di uscire. Quando furono soli scostò la sedia dal tavolo e si abbassò la zip dei pantaloni.
- In tutta la Colombia non c’è nessuno bravo come te a fare pompini… succhiami il cazzo Ewan, ora… -
Ed Ewan lo fece, il suo lavoro… quello per cui era pagato, il lavoro che gli dava da vivere.
Solo molto tempo dopo, quando Marcus venne diede pensiero ai suoi propositi: un bel giorno lo avrebbe ammazzato con le sue mani.
Julien sarebbe stato vendicato… a qualsiasi costo.
*****
Nella stanza vicino il silenzio era completo. Solo ascoltando attentamente si sarebbe potuto sentire il respiro di Hayden, leggermente più rumoroso del normale.
Nonostante fosse stato ‘prelevato’ da Antigua solo qualche giorno prima, aveva già imparato alcuni trucchetti basilari. Uno di questi, e forse il più importante di tutti, era che meno attirava l’attenzione su di sé, meglio era. Se stava in silenzio, cercando di dominare il terrore che spesso gli attanagliava la gola, allora lo lasciavano relativamente in pace.
‘Relativamente’, questo sì, perché nessuno dei suoi carcerieri si era sentito in dovere di tenergli nascosta la sorte a cui era destinato. Il motivo principale per cui lo avevano narcotizzato nel vicolo dietro all’albergo in cui alloggiava, cacciato nel bagagliaio di una camionetta e successivamente infilato nella stiva di un mercantile che batteva bandiera argentina.
Hayden chiuse gli occhi per un attimo, cercando di combattere contro la nausea che lo assaliva tutte le volte che ripensava a quello che il guercio gli aveva detto, sghignazzando tra i denti marci…
– Vai a fare la puttana, bocconcino. Vai ad ancheggiare per le strade, in attesa di clienti a cui piacciano i maschietti invece che le femminucce. Anche se a dir la verità non sono tanto sicuro su cosa tu sia… -
Una risata sguaiata aveva fatto seguito alle sue parole, e si era intensificata quando Hayden gli aveva sputato in faccia. Tale atto di ribellione gli aveva fruttato un calcio nelle reni, e la consapevolezza di essere finito in un guaio serio.
“Guaio da cui uscirò. Devo solo riuscire a liberarmi le mani. Solo quello.”
Il biondino scosse la testa, poi riprese il suo lavoro. Come nei peggiori film d’azione, i bastardi che l’avevano rapito non si erano preoccupati di frugarlo a fondo, perciò non si erano accorti del coltellino infilato negli anfibi. Hayden l’aveva nascosto lì non appena arrivato in albergo, più per scherzo che per vera precauzione, e ora tutte le sue speranze si basavano su quei pochi centimetri di acciaio temperato.
“Forza, non manca più tanto…”
Un rumore proveniente dalla stanza adiacente lo fece trasalire, e per poco non lasciò cadere il coltellino. Riuscì a trattenerlo tra l’indice e il medio della sinistra, soffocando un’imprecazione. Che cazzo era stato? Non potevano rientrare adesso, non prima che avesse finito…
Consapevole che il suo battito cardiaco stava aumentando, Hayden tese l’orecchio, immobile.
All’inizio non riuscì a distinguere tra i rumori dell’esterno e quelli dell’interno della baracca, ma ad un certo punto quello che l’aveva spaventato prima si ripeté.
Era un gemito. Qualcuno stava gemendo dietro la porta chiusa, e a giudicare dal tono, l’esperienza doveva essere abbastanza piacevole.
La voglia di vomitare lo assalì di nuovo, più prepotente che mai. “No,” implorò, appellandosi a qualsiasi divinità avesse tempo di ascoltarlo, “per favore, no. Me ne devo andare, subito. Prima che sia troppo tardi.”
*****
Quando sentì la porta chiudersi Ewan si sedette al tavolo e, prendendo la bottiglia di scotch ne bevve un lungo sorso. Mise le braccia sul tavolo e vi appoggiò la testa, era terribilmente stanco, ma non poteva mollare ora.
Per dieci anni aveva subito di tutto, fatto di tutto, ubbidito ad ogni ordine di Marcus, ma stava per giungere il momento in cui quell’uomo avrebbe pagato tutto il male che aveva fatto.
Ora però aveva un altro problema ed era il ragazzino… cosa doveva fare con lui?
Si alzò ed iniziò a camminare nervosamente avanti ed indietro nella cucina sporca e maleodorante, non aveva scelta. Doveva ubbidire ancora una volta, e sarebbe stata l’ultima, non poteva insospettire Marcus, anche perché, con tutta la sua buona volontà, ancora non sapeva come poterlo incastrare.
…Un modo ci sarebbe stato se avesse dato retta a quell’uomo, ma lui non avrebbe consegnato mai il suo aguzzino a nessuno… mai!
Poteva prendere tempo con l’uomo, ma doveva iniziare quel giovane al “lavoro”… era meglio lui di Richard, perché di sicuro, se lui non avesse accettato, Marcus lo avrebbe messo nelle mani dell’uomo che aveva insegnato a lui il mestiere e no, non sarebbe stato piacevole per…
“Come cazzo si chiama questo?” si chiese. Girò lo sguardo sui pochi mobili della cucina e trovò il passaporto sulla credenza. Lo prese e lo aprì leggendo il nome.
“Hayden… a noi due bimbo…” pensò, poi si avviò verso l’altra stanza.
Con cautela girò la chiave ed entrò nella stanza, c’era qualcosa che stonava… un particolare che gli sfuggiva.
“Dove cazzo è?” si chiese stringendo i pugni.
- Fermo. Fermo e zitto o ti apro la gola – la voce di Hayden non tremava, e nemmeno la sua mano. Il coltellino che stringeva in pugno poteva essere piccolo, ma avrebbe svolto lo stesso il suo compito. Ne era certo. – Io me ne vado. Chi c’è nell’altra stanza? -
Di certo non gli si poteva togliere il merito di averci provato, ma Ewan aveva capito subito che il ragazzino era un osso duro, non era semplice riuscire a fare un graffio a Richard, e lui lo aveva addirittura morso.
Dalla sua parte, però, aveva l’esperienza, anni passati a sopravvivere, e non era di un ragazzo con un coltellino che aveva paura.
Con un gesto fulmineo afferrò la mano che Hayden gli teneva alla gola e si voltò girandogli il braccio dietro la schiena, mentre con l’altra mano afferrò il coltellino e se lo mise in tasca.
- Complimenti, puoi dire di averci provato. –
Poi lo buttò sul letto.
Un sibilo sfuggì dalle labbra di Hayden quando finì a faccia in giù sul materasso. Era pieno di lividi ed escoriazioni, dato che, non gli avevano usato il minimo riguardo per tutta la durata del viaggio. L’unica cosa a cui avevano fatto attenzione era la faccia. Non aveva nessun segno lì, perché altrimenti avrebbe perso attrattiva.
- Bastardo… sei un bastardo schifoso! – urlò, girandosi il più rapidamente possibile e mettendo la schiena contro il muro. – Lasciami andare! -
Ewan si avvicinò al bordo del letto e lo guardò attentamente. Non gli era sfuggito il sibilo del ragazzo, poteva immaginare che quei vermi ci erano andati pesanti con lui.
- Sono un bastardo, hai ragione Hayden. Ho preferito per te il male minore e sono io. Ma se vuoi crearmi problemi, o noie, non esiterò ad andare da Marcus e dirgli di lasciar fare il mio lavoro a Richard, sono certo che vorrà vendicarsi per il morso, e allora credimi bello, quando urlerai e lo implorerai di smettere… quando ti scoperà fino a farti urlare io non ci sarò… a te la scelta! –
- Nessuno mi scoperà… nessuno, soprattutto non quel grosso porco. Sei pazzo se credi che gli lascerò fare una cosa del genere… - rispose Hayden, il mento sollevato come per dire che non aveva paura delle minacce di quell’uomo. In realtà ne aveva eccome, e il modo in cui premeva la schiena contro le assi di legno che componevano il muro della baracca lo dimostrava ampiamente. – Lasciami andare. -
Lentamente Ewan si avvicinò dal lato destro del letto e vi si sedette senza mai smettere di guardare Hayden. - Non credere che non capisca quello che stai provando, lo so… ma non posso lasciarti andare. –
“Così come non permetterò che Richard ti tocchi…” pensò ma non lo disse. - Togliti la maglia… subito! –
- No. Stammi lontano. – Gli occhi di Hayden saettarono in direzione della porta… forse se fosse stato abbastanza veloce…
Ewan sbuffò e lo guardò abbozzando un sorriso.
- Vuoi farmi vedere cosa ti hanno fatto oppure no? Vuoi che qualche taglio faccia infezione o no? –
- E a te cosa importa? Vuoi solo controllare che la merce sia in ordine, non è così? –
- Pensala come vuoi ragazzino. - Poi Ewan si alzò di colpo e si avviò alla porta. - Oh senti bello, non sono la tua balia! Vedi un po’ di andare a quel paese, io non so che dirti… se hai bisogno di me chiamami, sono nell’altra stanza.-
- Non ho bisogno di te! Non ho bisogno di nessuno! Voglio solo andarmene da questo posto, tornare a casa! – La rabbia gli colorò le guance e Hayden saltò in piedi, ignorando le fitte di dolore che si diramavano lungo tutte le terminazioni nervose del suo corpo. Doveva scappare, una volta fuori da quella casa sarebbe stato più facile far perdere le sue tracce.
Si slanciò in avanti, diretto verso il vano della porta, ma ancora una volta Ewan lo afferrò, questa volta per la vita e non lo lasciò andare. Sentiva il corpo del ragazzo contro il suo e doveva usare tutta la sua forza per tenerlo fermo, ma non voleva legarlo. Lo riportò verso il letto e lo fece sedere inginocchiandosi di fronte a lui.
- Datti una calmata Den… non costringermi a legarti, non lo voglio fare, e togliti questa fottutissima maglia! –
- Scordatelo. – Fu tutto quello che ricevette come risposta, poi Hayden cercò di tirargli un calcio.
Ewan gli bloccò con una mano la gamba. Adesso era furioso, davvero.
Si alzò di scatto in piedi ed aprì la porta. - Vaffanculo imbecille! – gli urlò, poi uscì sbattendo con rabbia la porta e richiudendola a chiave.
Una volta nel corridoio si appoggiò al muro portandosi le mani sul volto.
“Solo uno stupido bambino, ma determinato… mi piace…” si disse sorridendo.
Andò in cucina, prese la sua giacca ed uscì da quella topaia. Doveva trovare una farmacia e prendere qualcosa per medicare Hayden, con o senza il suo consenso lo avrebbe fatto.
*****
Quando rientrò era ormai tardi, e il buio stava scendendo.
Andò in cucina e appoggiò sul tavolo le borse della spesa, avrebbero pur dovuto mangiare qualcosa.
Con calma si tolse la giacca e prese una bottiglia di birra stappandola, poi afferrò il sacchetto della farmacia e si avviò verso l’altra stanza.
Entrò e senza dire una parola appoggiò il sacchetto e la bottiglia su un tavolino, poi uscì e ritornò di là iniziando a sistemare la spesa.
Dal canto suo Hayden era rimasto perfettamente immobile fino a quando Ewan non era uscito di nuovo, seduto sul pavimento nell’angolo più lontano dalla porta. Per ore aveva cercato il modo di uscire da quella stanza, inutilmente. La camera in cui l’avevano rinchiuso era priva di finestre e, nonostante l’aspetto, la serrature si era rivelata dannatamente robusta.
Inoltre lui era ben lontano dalla sua forma migliore.
Hayden strinse le labbra fino a che non diventarono bianche, poi si alzò. Gli ci volle qualche secondo prima di recuperare il senso dell’equilibrio, ma alla fine ce la fece e si diresse verso il tavolino. Il suo carceriere gli aveva portato delle medicine.
“Almeno in quello ha detto la verità…” pensò Hayden mentre si lasciava cadere sul letto.
Poi si sfilò la maglia e iniziò a medicarsi le escoriazioni sulle braccia come meglio poteva.
***
Ewan mise l’ultima scatola di biscotti nella credenza malandata, poi si sedette su un divano ridotto probabilmente peggio, e si mise a leggere un libro.
Era passata più di un’ora da quando aveva portato le medicine ad Hayden, era il caso di andare a vedere cosa aveva combinato.
Entrò nella stanza richiudendo la porta alle sue spalle e lo guardò. - Come va? – gli chiese.
- Benissimo. Faccio fatica ad immaginare una giornata migliore di questa, anche se, ieri, e l’altro ieri, non erano affatto male, tutto sommato. – Il sarcasmo era l’unica arma che gli rimaneva a disposizione, non se ne sarebbe privato. Eppure, per qualche strano motivo, abbassò la testa prima di continuare. – Grazie comunque. Per le medicine. -
Nonostante il tono usato dal ragazzo Ewan non poté trattenere un sorriso. - Hai bisogno di una mano? – gli chiese. Si era accorto che sulla schiena aveva dei brutti lividi, aveva bisogno di un po’ di pomata anche lì.
Hayden voleva rispondergli di no, che non aveva bisogno di niente, ma alla fine si limitò ad annuire, così Ewan si avvicinò al letto e si sedette. - Girati. – gli disse, e dopo un attimo di esitazione, il ragazzo ubbidì. L’uomo prese il tubetto di pomata e, iniziò a spalmarla sui lividi di Hayden.
Cercò di essere il più delicato possibile, non voleva fargli male.
- Se ti faccio male dimmelo. – sussurrò.
- Non sei tu, - rispose Hayden, stringendo la coperta lisa tra le dita, - sono loro. Credo che mi abbiano preso a calci almeno dieci persone diverse negli ultimi giorni. – Chiuse gli occhi, cercando di trattenere un sibilo quando le mani dell’altro sfiorarono un punto particolarmente dolorante. - … Perché lo fai? -
“Perché nessuno l’ha mai fatto per me…” pensò, ma di nuovo non lo disse.
- Perché i lividi non piacciono ai clienti. – rispose con tono neutro.
- Certo… che domanda idiota, la mia. Per te non sono altro che un animale da piazzare al miglior offerente, vero? ‘Strigliamo il cavallino, così sembra nuovo e qualcuno lo compra’ –
Lacrime brucianti gli riempirono gli occhi, ma Hayden non si mosse. Anche se l’orgoglio gli diceva di tirarsi via, lo spirito di sopravvivenza gli ingiungeva di restare dove si trovava. Se voleva scappare, doveva essere in forze. Solo ora cominciava a rendersene conto.
– Allora datemi da mangiare. Fatemi dormire. -
Ewan non rispose, si limitò a continuare quello che stava facendo.
Non era stupido, aveva capito da tempo come andavano le cose. Non si era mai mosso dalla posizione in cui era, non aveva mai fatto spaziare il suo sguardo nella stanza, ma era certo che almeno una telecamera fosse nascosta da qualche parte.
Marcus amava avere qualcosa con cui ricattare i suoi “animali da piazzare”, Hayden aveva indovinato la definizione giusta per descrivere ciò che erano.
Quando ebbe finito si alzò e, senza dire una parola andò in cucina ed iniziò a preparare la cena, iniziava a trattenere a stento la rabbia che aveva in corpo. Sentiva l’aria mancargli in quel posto, l’odore del cibo lo nauseava.
Uscì dal retro e si appoggiò al tronco di un albero. Chiuse gli occhi ed istintivamente diede un pugno contro l’albero mordendosi il labbro per non urlare.
- ‘Fanculo Marcus! Che tu sia maledetto! –
Per la seconda volta da che era in Colombia, Ewan pianse, per un ragazzino che non aveva nessuna colpa, se non quella di essere bello e di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Restò fermo con la schiena appoggiata al tronco, la mano sanguinante e gli occhi che gli bruciavano per un tempo che gli parve infinito, quando finalmente si fu calmato rientrò in cucina e finì di preparare la cena per Hayden.
Ritornò nella stanzetta solo per trovarlo immerso nel dormiveglia. L’adrenalina che l’aveva tenuto in piedi per tutto il giorno nonostante la stanchezza, il dolore e la paura stava rapidamente diminuendo.
Ora cominciava davvero a risentire degli effetti del viaggio: negli ultimi quattro giorni aveva dormito non più di qualche ora, perché i suoi carcerieri glielo avevano impedito. Lo avevano lasciato riposare giusto il necessario perché non collassasse, ma non quanto ne avrebbe avuto bisogno.
Volevano che Hayden fosse docile e facile da trasportare, senza dover ricorrere a narcotici. La merce avrebbe potuto danneggiarsi, con relativo danno economico.
Ewan appoggiò il vassoio con la cena sul mobile e si avvicinò ad Hayden mettendogli una mano sulla spalla. - Svegliati, ti ho portato la cena. – Poi si allontanò dal letto e prese il sacchetto con i medicinali, doveva medicarsi la mano e gli occhi gli bruciavano.
Voleva uscire da quella stanza.
- Lasciami dormire… per favore – rispose Hayden con un filo di voce, forse senza nemmeno rendersene conto – non ho più dormito da quando mi hanno preso… dietro l’albergo… non avrei dovuto andare ad Antigua… io dovevo andare in Florida… -
Ewan gli appoggiò di nuovo la mano sulla spalla e lo scrollò un po’ più forte. - Hayden alza il culo e siediti a mangiare! –
Lentamente il giovane aprì gli occhi e si sollevò sui gomiti.
- Vaffanculo, stronzo. Tu e tutta la tua banda. Vi odio tutti. –
Gli ci volle qualche secondo per potersi mettere a sedere, poi allungò una mano e prese un pezzo di pane. Perlomeno, presumeva fosse pane, non ne era sicuro.
- Come ti chiami? – chiese dopo un po’, mentre ne sbocconcellava una parte.
Ewan si sedette su una sedia e lo guardò, poi sorrise, un sorriso amaro. - Mi chiamo stronzo e bastardo no? Non hai fatto che chiamarmi così dal primo momento in cui mi hai visto. –
- Perché lo sei, altrimenti non mi terresti qui dentro, ma mi aiuteresti a scappare! Tu sei d’accordo con loro. Tu vuoi che io… che io… - Hayden ingoiò a vuoto – Cosa ci guadagni tu? -
L’uomo continuò a fissarlo, due occhi di ghiaccio, sentiva la mano bruciare, doveva medicarla e non voleva farla vedere ad Hayden.
- Cosa ci guadagno io? – ripeté con sarcasmo le parole di Hayden – Mio caro Den io ci guadagno qualche buona scopata. –
Si sarebbe mangiato le mani piuttosto che rispondergli in quel modo, ma sapeva che quella era la classica risposta che Marcus si aspettava da lui.
- Nessuno mi porterà a letto, hai capito? Nessuno! E non chiamarmi così. I miei amici lo fanno, ma tu non sei mio amico – La nausea gli stringeva la gola.
- Nessuno ti porterà a letto? Questo è solo da vedere ragazzino! – disse Ewan alzandosi. Si avvicinò ad Hayden e gli afferrò il mento con una mano.
- Questo è tutto da vedere. – poi appoggiò con forza la sua bocca su quella del ragazzo. Lo lasciò di colpo spingendogli indietro la testa.
- Ed ora va dormire, da domani si lavora. –
Detto questo uscì da quella stanza, voleva andare il più lontano possibile da quel ragazzo, da quegli occhi e dal suo disprezzo, ma sapeva di non poterlo fare o a pagarne le conseguenze sarebbe stato Hayden. Si limitò ad andare in cucina e a buttarsi sul divano, doveva dormire almeno un po’.
Non ci riuscì, almeno non subito, perché Hayden scivolò giù dal letto e gli corse dietro. Non fu svelto abbastanza da afferrare Ewan prima che uscisse, ma quando si ritrovò la porta sbarrata davanti la prese a pugni e calci.
- Nessuno! Mi senti, bastardo? Nessuno! Nessuno! –
Poi la gola gli si contrasse e Hayden cadde in ginocchio. Vomitò sul pavimento di terra battuta quel poco che era riuscito a mandar giù della cena, insieme ai succhi gastrici.
- Ti odio – la sua voce ora era poco più di un sussurro, due lacrime solitarie gli scendevano lungo le guance – Ti odio… -
Continua…
Con un gesto di rabbia prese in mano la bottiglia di birra e se la portò alla bocca bevendone un lungo sorso. Il liquido ambrato gli diede per un attimo una sensazione di calore, subito spazzata via dal ghigno dell’uomo che si era avvicinato al suo tavolo.
- Il capo vuole vederti, seguimi. - Gli disse con voce fredda.
Si alzò dalla sedia barcollando e lo seguì.
Uscirono dal bar e percorsero, in macchina, molti chilometri, nel silenzio più totale… lui odiava il silenzio, lo costringeva a pensare, a riflettere, a ricordare ogni momento della sua discesa all’inferno.
Erano passati dieci anni da quando era arrivato in Colombia, pieno di sogni, di speranze, che solo un ventenne può avere. Lui e la sua stupida voglia di cambiare il mondo, di aiutare chi poteva averne bisogno.
Ricordava ancora con amarezza e rabbia la prima volta che era stato avvicinato da Marcus, un uomo dall’aspetto gentile e dal fascino irresistibile, ma che nascondeva l’anima di un demonio.
Lui voleva solo aiutare gli altri e si era trovato costretto, spoglio di tutto ciò che aveva, a battere un marciapiede. A vendere il suo corpo a uomini che amavano andare in Colombia solo per trovare una buona scopata. Un giovane di buona famiglia e di bell’aspetto costretto a fare tutto ciò che le loro perversioni gli suggerivano.
La brusca frenata lo riportò alla realtà.
Si trovavano in una zona periferica, colma di baracche fatiscenti. L’uomo al volante scese e lui lo seguì verso una vecchia catapecchia, che pareva voler crollare da un
momento all’altro.
Dentro la situazione non era migliore, bastava girare lo sguardo per vedere le uniche due stanze, e lui era lì, seduto al tavolo della cucina, impeccabile come al solito, nel suo abito scuro.
Gli fece cenno di avvicinarsi e, come sempre, lui obbedì.
- Ewan carissimo ho bisogno del tuo aiuto, l’aiuto di un maestro. -
Ad Ewan non sfuggì lo strano luccichio nei suoi occhi, ormai aveva imparato a conoscerlo bene.
“Non un altro…” pensò chiudendo per un solo attimo gli occhi chiari.
- Vieni con me, voglio mostrarti qualcosa… -
Marcus si alzò e lo precedette per il corridoio che conduceva all’altra stanza della casa, aprì la porta e lo fece entrare. Ewan osservò il ragazzo seduto sul letto, gli occhi pieni di paura e di rabbia, mani e piedi legati, abiti sgualciti.
- Da dove viene? – chiese rivolto a Marcus.
- E’ un canadese… Hayden qualcosa… - gli disse porgendogli il passaporto. Riuscì a guardare solo una volta ancora il ragazzo che già Marcus lo stava facendo uscire dalla stanza per ricondurlo nella piccola cucina. Si accomodò e fece segno anche a lui di sedersi.
- Ti do quindici giorni di tempo per ammaestrarlo Ewan, voglio che gli insegni il mestiere. Quel ragazzino è una piccola bestiola selvatica, ha morso Richard prima… -
Ewan trattenne a stento una risata, Richard era l’uomo che lo aveva accompagnato lì, il primo con cui era andato a letto… lo aveva scopato a lungo, con violenza, facendo piangere ad Ewan le sue prime, ed ultime, lacrime in Colombia. Lo odiava, lo avrebbe ammazzato con le sue mani se avesse potuto, ma ormai cosa poteva fare? Scappare non sarebbe servito a nulla… le minacce di Marcus avevano sempre riscontri nella realtà. Uno solo di loro aveva provato a scappare, Julien, il suo unico vero amico, e Marcus lo aveva trovato, aveva violentato Julien davanti ai suoi genitori impotenti, ed alla fine li aveva ammazzati tutti.
Da quel giorno Ewan aveva capito quale era il suo scopo. Non lo aveva mai pensato, mai detto ad alta voce, ma sapevo che un giorno lo avrebbe fatto. Ed allora sarebbe stata la fine.
Chiuse gli occhi, poi li riaprì fissando quelli di Marcus.
- Ci proverò. – disse.
- No, non ci proverai Ewan, lo farai… o questa volta ti ammazzo come ho fatto con quel cane di Julien… -
Marcus guardò Richard e l’altra sua guardia e gli intimò di uscire. Quando furono soli scostò la sedia dal tavolo e si abbassò la zip dei pantaloni.
- In tutta la Colombia non c’è nessuno bravo come te a fare pompini… succhiami il cazzo Ewan, ora… -
Ed Ewan lo fece, il suo lavoro… quello per cui era pagato, il lavoro che gli dava da vivere.
Solo molto tempo dopo, quando Marcus venne diede pensiero ai suoi propositi: un bel giorno lo avrebbe ammazzato con le sue mani.
Julien sarebbe stato vendicato… a qualsiasi costo.
*****
Nella stanza vicino il silenzio era completo. Solo ascoltando attentamente si sarebbe potuto sentire il respiro di Hayden, leggermente più rumoroso del normale.
Nonostante fosse stato ‘prelevato’ da Antigua solo qualche giorno prima, aveva già imparato alcuni trucchetti basilari. Uno di questi, e forse il più importante di tutti, era che meno attirava l’attenzione su di sé, meglio era. Se stava in silenzio, cercando di dominare il terrore che spesso gli attanagliava la gola, allora lo lasciavano relativamente in pace.
‘Relativamente’, questo sì, perché nessuno dei suoi carcerieri si era sentito in dovere di tenergli nascosta la sorte a cui era destinato. Il motivo principale per cui lo avevano narcotizzato nel vicolo dietro all’albergo in cui alloggiava, cacciato nel bagagliaio di una camionetta e successivamente infilato nella stiva di un mercantile che batteva bandiera argentina.
Hayden chiuse gli occhi per un attimo, cercando di combattere contro la nausea che lo assaliva tutte le volte che ripensava a quello che il guercio gli aveva detto, sghignazzando tra i denti marci…
– Vai a fare la puttana, bocconcino. Vai ad ancheggiare per le strade, in attesa di clienti a cui piacciano i maschietti invece che le femminucce. Anche se a dir la verità non sono tanto sicuro su cosa tu sia… -
Una risata sguaiata aveva fatto seguito alle sue parole, e si era intensificata quando Hayden gli aveva sputato in faccia. Tale atto di ribellione gli aveva fruttato un calcio nelle reni, e la consapevolezza di essere finito in un guaio serio.
“Guaio da cui uscirò. Devo solo riuscire a liberarmi le mani. Solo quello.”
Il biondino scosse la testa, poi riprese il suo lavoro. Come nei peggiori film d’azione, i bastardi che l’avevano rapito non si erano preoccupati di frugarlo a fondo, perciò non si erano accorti del coltellino infilato negli anfibi. Hayden l’aveva nascosto lì non appena arrivato in albergo, più per scherzo che per vera precauzione, e ora tutte le sue speranze si basavano su quei pochi centimetri di acciaio temperato.
“Forza, non manca più tanto…”
Un rumore proveniente dalla stanza adiacente lo fece trasalire, e per poco non lasciò cadere il coltellino. Riuscì a trattenerlo tra l’indice e il medio della sinistra, soffocando un’imprecazione. Che cazzo era stato? Non potevano rientrare adesso, non prima che avesse finito…
Consapevole che il suo battito cardiaco stava aumentando, Hayden tese l’orecchio, immobile.
All’inizio non riuscì a distinguere tra i rumori dell’esterno e quelli dell’interno della baracca, ma ad un certo punto quello che l’aveva spaventato prima si ripeté.
Era un gemito. Qualcuno stava gemendo dietro la porta chiusa, e a giudicare dal tono, l’esperienza doveva essere abbastanza piacevole.
La voglia di vomitare lo assalì di nuovo, più prepotente che mai. “No,” implorò, appellandosi a qualsiasi divinità avesse tempo di ascoltarlo, “per favore, no. Me ne devo andare, subito. Prima che sia troppo tardi.”
*****
Quando sentì la porta chiudersi Ewan si sedette al tavolo e, prendendo la bottiglia di scotch ne bevve un lungo sorso. Mise le braccia sul tavolo e vi appoggiò la testa, era terribilmente stanco, ma non poteva mollare ora.
Per dieci anni aveva subito di tutto, fatto di tutto, ubbidito ad ogni ordine di Marcus, ma stava per giungere il momento in cui quell’uomo avrebbe pagato tutto il male che aveva fatto.
Ora però aveva un altro problema ed era il ragazzino… cosa doveva fare con lui?
Si alzò ed iniziò a camminare nervosamente avanti ed indietro nella cucina sporca e maleodorante, non aveva scelta. Doveva ubbidire ancora una volta, e sarebbe stata l’ultima, non poteva insospettire Marcus, anche perché, con tutta la sua buona volontà, ancora non sapeva come poterlo incastrare.
…Un modo ci sarebbe stato se avesse dato retta a quell’uomo, ma lui non avrebbe consegnato mai il suo aguzzino a nessuno… mai!
Poteva prendere tempo con l’uomo, ma doveva iniziare quel giovane al “lavoro”… era meglio lui di Richard, perché di sicuro, se lui non avesse accettato, Marcus lo avrebbe messo nelle mani dell’uomo che aveva insegnato a lui il mestiere e no, non sarebbe stato piacevole per…
“Come cazzo si chiama questo?” si chiese. Girò lo sguardo sui pochi mobili della cucina e trovò il passaporto sulla credenza. Lo prese e lo aprì leggendo il nome.
“Hayden… a noi due bimbo…” pensò, poi si avviò verso l’altra stanza.
Con cautela girò la chiave ed entrò nella stanza, c’era qualcosa che stonava… un particolare che gli sfuggiva.
“Dove cazzo è?” si chiese stringendo i pugni.
- Fermo. Fermo e zitto o ti apro la gola – la voce di Hayden non tremava, e nemmeno la sua mano. Il coltellino che stringeva in pugno poteva essere piccolo, ma avrebbe svolto lo stesso il suo compito. Ne era certo. – Io me ne vado. Chi c’è nell’altra stanza? -
Di certo non gli si poteva togliere il merito di averci provato, ma Ewan aveva capito subito che il ragazzino era un osso duro, non era semplice riuscire a fare un graffio a Richard, e lui lo aveva addirittura morso.
Dalla sua parte, però, aveva l’esperienza, anni passati a sopravvivere, e non era di un ragazzo con un coltellino che aveva paura.
Con un gesto fulmineo afferrò la mano che Hayden gli teneva alla gola e si voltò girandogli il braccio dietro la schiena, mentre con l’altra mano afferrò il coltellino e se lo mise in tasca.
- Complimenti, puoi dire di averci provato. –
Poi lo buttò sul letto.
Un sibilo sfuggì dalle labbra di Hayden quando finì a faccia in giù sul materasso. Era pieno di lividi ed escoriazioni, dato che, non gli avevano usato il minimo riguardo per tutta la durata del viaggio. L’unica cosa a cui avevano fatto attenzione era la faccia. Non aveva nessun segno lì, perché altrimenti avrebbe perso attrattiva.
- Bastardo… sei un bastardo schifoso! – urlò, girandosi il più rapidamente possibile e mettendo la schiena contro il muro. – Lasciami andare! -
Ewan si avvicinò al bordo del letto e lo guardò attentamente. Non gli era sfuggito il sibilo del ragazzo, poteva immaginare che quei vermi ci erano andati pesanti con lui.
- Sono un bastardo, hai ragione Hayden. Ho preferito per te il male minore e sono io. Ma se vuoi crearmi problemi, o noie, non esiterò ad andare da Marcus e dirgli di lasciar fare il mio lavoro a Richard, sono certo che vorrà vendicarsi per il morso, e allora credimi bello, quando urlerai e lo implorerai di smettere… quando ti scoperà fino a farti urlare io non ci sarò… a te la scelta! –
- Nessuno mi scoperà… nessuno, soprattutto non quel grosso porco. Sei pazzo se credi che gli lascerò fare una cosa del genere… - rispose Hayden, il mento sollevato come per dire che non aveva paura delle minacce di quell’uomo. In realtà ne aveva eccome, e il modo in cui premeva la schiena contro le assi di legno che componevano il muro della baracca lo dimostrava ampiamente. – Lasciami andare. -
Lentamente Ewan si avvicinò dal lato destro del letto e vi si sedette senza mai smettere di guardare Hayden. - Non credere che non capisca quello che stai provando, lo so… ma non posso lasciarti andare. –
“Così come non permetterò che Richard ti tocchi…” pensò ma non lo disse. - Togliti la maglia… subito! –
- No. Stammi lontano. – Gli occhi di Hayden saettarono in direzione della porta… forse se fosse stato abbastanza veloce…
Ewan sbuffò e lo guardò abbozzando un sorriso.
- Vuoi farmi vedere cosa ti hanno fatto oppure no? Vuoi che qualche taglio faccia infezione o no? –
- E a te cosa importa? Vuoi solo controllare che la merce sia in ordine, non è così? –
- Pensala come vuoi ragazzino. - Poi Ewan si alzò di colpo e si avviò alla porta. - Oh senti bello, non sono la tua balia! Vedi un po’ di andare a quel paese, io non so che dirti… se hai bisogno di me chiamami, sono nell’altra stanza.-
- Non ho bisogno di te! Non ho bisogno di nessuno! Voglio solo andarmene da questo posto, tornare a casa! – La rabbia gli colorò le guance e Hayden saltò in piedi, ignorando le fitte di dolore che si diramavano lungo tutte le terminazioni nervose del suo corpo. Doveva scappare, una volta fuori da quella casa sarebbe stato più facile far perdere le sue tracce.
Si slanciò in avanti, diretto verso il vano della porta, ma ancora una volta Ewan lo afferrò, questa volta per la vita e non lo lasciò andare. Sentiva il corpo del ragazzo contro il suo e doveva usare tutta la sua forza per tenerlo fermo, ma non voleva legarlo. Lo riportò verso il letto e lo fece sedere inginocchiandosi di fronte a lui.
- Datti una calmata Den… non costringermi a legarti, non lo voglio fare, e togliti questa fottutissima maglia! –
- Scordatelo. – Fu tutto quello che ricevette come risposta, poi Hayden cercò di tirargli un calcio.
Ewan gli bloccò con una mano la gamba. Adesso era furioso, davvero.
Si alzò di scatto in piedi ed aprì la porta. - Vaffanculo imbecille! – gli urlò, poi uscì sbattendo con rabbia la porta e richiudendola a chiave.
Una volta nel corridoio si appoggiò al muro portandosi le mani sul volto.
“Solo uno stupido bambino, ma determinato… mi piace…” si disse sorridendo.
Andò in cucina, prese la sua giacca ed uscì da quella topaia. Doveva trovare una farmacia e prendere qualcosa per medicare Hayden, con o senza il suo consenso lo avrebbe fatto.
*****
Quando rientrò era ormai tardi, e il buio stava scendendo.
Andò in cucina e appoggiò sul tavolo le borse della spesa, avrebbero pur dovuto mangiare qualcosa.
Con calma si tolse la giacca e prese una bottiglia di birra stappandola, poi afferrò il sacchetto della farmacia e si avviò verso l’altra stanza.
Entrò e senza dire una parola appoggiò il sacchetto e la bottiglia su un tavolino, poi uscì e ritornò di là iniziando a sistemare la spesa.
Dal canto suo Hayden era rimasto perfettamente immobile fino a quando Ewan non era uscito di nuovo, seduto sul pavimento nell’angolo più lontano dalla porta. Per ore aveva cercato il modo di uscire da quella stanza, inutilmente. La camera in cui l’avevano rinchiuso era priva di finestre e, nonostante l’aspetto, la serrature si era rivelata dannatamente robusta.
Inoltre lui era ben lontano dalla sua forma migliore.
Hayden strinse le labbra fino a che non diventarono bianche, poi si alzò. Gli ci volle qualche secondo prima di recuperare il senso dell’equilibrio, ma alla fine ce la fece e si diresse verso il tavolino. Il suo carceriere gli aveva portato delle medicine.
“Almeno in quello ha detto la verità…” pensò Hayden mentre si lasciava cadere sul letto.
Poi si sfilò la maglia e iniziò a medicarsi le escoriazioni sulle braccia come meglio poteva.
***
Ewan mise l’ultima scatola di biscotti nella credenza malandata, poi si sedette su un divano ridotto probabilmente peggio, e si mise a leggere un libro.
Era passata più di un’ora da quando aveva portato le medicine ad Hayden, era il caso di andare a vedere cosa aveva combinato.
Entrò nella stanza richiudendo la porta alle sue spalle e lo guardò. - Come va? – gli chiese.
- Benissimo. Faccio fatica ad immaginare una giornata migliore di questa, anche se, ieri, e l’altro ieri, non erano affatto male, tutto sommato. – Il sarcasmo era l’unica arma che gli rimaneva a disposizione, non se ne sarebbe privato. Eppure, per qualche strano motivo, abbassò la testa prima di continuare. – Grazie comunque. Per le medicine. -
Nonostante il tono usato dal ragazzo Ewan non poté trattenere un sorriso. - Hai bisogno di una mano? – gli chiese. Si era accorto che sulla schiena aveva dei brutti lividi, aveva bisogno di un po’ di pomata anche lì.
Hayden voleva rispondergli di no, che non aveva bisogno di niente, ma alla fine si limitò ad annuire, così Ewan si avvicinò al letto e si sedette. - Girati. – gli disse, e dopo un attimo di esitazione, il ragazzo ubbidì. L’uomo prese il tubetto di pomata e, iniziò a spalmarla sui lividi di Hayden.
Cercò di essere il più delicato possibile, non voleva fargli male.
- Se ti faccio male dimmelo. – sussurrò.
- Non sei tu, - rispose Hayden, stringendo la coperta lisa tra le dita, - sono loro. Credo che mi abbiano preso a calci almeno dieci persone diverse negli ultimi giorni. – Chiuse gli occhi, cercando di trattenere un sibilo quando le mani dell’altro sfiorarono un punto particolarmente dolorante. - … Perché lo fai? -
“Perché nessuno l’ha mai fatto per me…” pensò, ma di nuovo non lo disse.
- Perché i lividi non piacciono ai clienti. – rispose con tono neutro.
- Certo… che domanda idiota, la mia. Per te non sono altro che un animale da piazzare al miglior offerente, vero? ‘Strigliamo il cavallino, così sembra nuovo e qualcuno lo compra’ –
Lacrime brucianti gli riempirono gli occhi, ma Hayden non si mosse. Anche se l’orgoglio gli diceva di tirarsi via, lo spirito di sopravvivenza gli ingiungeva di restare dove si trovava. Se voleva scappare, doveva essere in forze. Solo ora cominciava a rendersene conto.
– Allora datemi da mangiare. Fatemi dormire. -
Ewan non rispose, si limitò a continuare quello che stava facendo.
Non era stupido, aveva capito da tempo come andavano le cose. Non si era mai mosso dalla posizione in cui era, non aveva mai fatto spaziare il suo sguardo nella stanza, ma era certo che almeno una telecamera fosse nascosta da qualche parte.
Marcus amava avere qualcosa con cui ricattare i suoi “animali da piazzare”, Hayden aveva indovinato la definizione giusta per descrivere ciò che erano.
Quando ebbe finito si alzò e, senza dire una parola andò in cucina ed iniziò a preparare la cena, iniziava a trattenere a stento la rabbia che aveva in corpo. Sentiva l’aria mancargli in quel posto, l’odore del cibo lo nauseava.
Uscì dal retro e si appoggiò al tronco di un albero. Chiuse gli occhi ed istintivamente diede un pugno contro l’albero mordendosi il labbro per non urlare.
- ‘Fanculo Marcus! Che tu sia maledetto! –
Per la seconda volta da che era in Colombia, Ewan pianse, per un ragazzino che non aveva nessuna colpa, se non quella di essere bello e di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Restò fermo con la schiena appoggiata al tronco, la mano sanguinante e gli occhi che gli bruciavano per un tempo che gli parve infinito, quando finalmente si fu calmato rientrò in cucina e finì di preparare la cena per Hayden.
Ritornò nella stanzetta solo per trovarlo immerso nel dormiveglia. L’adrenalina che l’aveva tenuto in piedi per tutto il giorno nonostante la stanchezza, il dolore e la paura stava rapidamente diminuendo.
Ora cominciava davvero a risentire degli effetti del viaggio: negli ultimi quattro giorni aveva dormito non più di qualche ora, perché i suoi carcerieri glielo avevano impedito. Lo avevano lasciato riposare giusto il necessario perché non collassasse, ma non quanto ne avrebbe avuto bisogno.
Volevano che Hayden fosse docile e facile da trasportare, senza dover ricorrere a narcotici. La merce avrebbe potuto danneggiarsi, con relativo danno economico.
Ewan appoggiò il vassoio con la cena sul mobile e si avvicinò ad Hayden mettendogli una mano sulla spalla. - Svegliati, ti ho portato la cena. – Poi si allontanò dal letto e prese il sacchetto con i medicinali, doveva medicarsi la mano e gli occhi gli bruciavano.
Voleva uscire da quella stanza.
- Lasciami dormire… per favore – rispose Hayden con un filo di voce, forse senza nemmeno rendersene conto – non ho più dormito da quando mi hanno preso… dietro l’albergo… non avrei dovuto andare ad Antigua… io dovevo andare in Florida… -
Ewan gli appoggiò di nuovo la mano sulla spalla e lo scrollò un po’ più forte. - Hayden alza il culo e siediti a mangiare! –
Lentamente il giovane aprì gli occhi e si sollevò sui gomiti.
- Vaffanculo, stronzo. Tu e tutta la tua banda. Vi odio tutti. –
Gli ci volle qualche secondo per potersi mettere a sedere, poi allungò una mano e prese un pezzo di pane. Perlomeno, presumeva fosse pane, non ne era sicuro.
- Come ti chiami? – chiese dopo un po’, mentre ne sbocconcellava una parte.
Ewan si sedette su una sedia e lo guardò, poi sorrise, un sorriso amaro. - Mi chiamo stronzo e bastardo no? Non hai fatto che chiamarmi così dal primo momento in cui mi hai visto. –
- Perché lo sei, altrimenti non mi terresti qui dentro, ma mi aiuteresti a scappare! Tu sei d’accordo con loro. Tu vuoi che io… che io… - Hayden ingoiò a vuoto – Cosa ci guadagni tu? -
L’uomo continuò a fissarlo, due occhi di ghiaccio, sentiva la mano bruciare, doveva medicarla e non voleva farla vedere ad Hayden.
- Cosa ci guadagno io? – ripeté con sarcasmo le parole di Hayden – Mio caro Den io ci guadagno qualche buona scopata. –
Si sarebbe mangiato le mani piuttosto che rispondergli in quel modo, ma sapeva che quella era la classica risposta che Marcus si aspettava da lui.
- Nessuno mi porterà a letto, hai capito? Nessuno! E non chiamarmi così. I miei amici lo fanno, ma tu non sei mio amico – La nausea gli stringeva la gola.
- Nessuno ti porterà a letto? Questo è solo da vedere ragazzino! – disse Ewan alzandosi. Si avvicinò ad Hayden e gli afferrò il mento con una mano.
- Questo è tutto da vedere. – poi appoggiò con forza la sua bocca su quella del ragazzo. Lo lasciò di colpo spingendogli indietro la testa.
- Ed ora va dormire, da domani si lavora. –
Detto questo uscì da quella stanza, voleva andare il più lontano possibile da quel ragazzo, da quegli occhi e dal suo disprezzo, ma sapeva di non poterlo fare o a pagarne le conseguenze sarebbe stato Hayden. Si limitò ad andare in cucina e a buttarsi sul divano, doveva dormire almeno un po’.
Non ci riuscì, almeno non subito, perché Hayden scivolò giù dal letto e gli corse dietro. Non fu svelto abbastanza da afferrare Ewan prima che uscisse, ma quando si ritrovò la porta sbarrata davanti la prese a pugni e calci.
- Nessuno! Mi senti, bastardo? Nessuno! Nessuno! –
Poi la gola gli si contrasse e Hayden cadde in ginocchio. Vomitò sul pavimento di terra battuta quel poco che era riuscito a mandar giù della cena, insieme ai succhi gastrici.
- Ti odio – la sua voce ora era poco più di un sussurro, due lacrime solitarie gli scendevano lungo le guance – Ti odio… -
Continua…